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Palabra del Ejército Zapatista de Liberación Nacional

Ago162024

ADAGI

ADAGI

Agosto 2024.

Ripartiamo quindi da alcune storie di decenni fa. Vediamo se ciò che è stato detto allora aiuta o meno a capire ciò che sta accadendo adesso.

I

Lo scopo del pensiero critico non è trovare la verità (e, quindi, costruire un nuovo alibi per l’arbitrarietà del momento), ma mettere in discussione le “verità”, affrontarle, smontarle e rivelarle per quello che sono: l’opinione idiota di uno o più idioti (e naturalmente di una o più idiote – senza dimenticare la parità di genere -) e con molti o pochi seguaci. Il pensiero critico non è solo una posizione teorica. È soprattutto una posizione etica nei confronti della conoscenza e della realtà.

II

Quella che chiamano “Storia” (con la maiuscola) è solo un cadavere maldestramente confezionato dai politici e dai loro scribacchini. Tuttavia, al tavolo del politico al Potere non siede uno scheletro. Solo uno specchio. La cornice può essere abbellita, ma lo specchio continuerà a riflettere la stessa decomposizione della realtà. La differenza tra le bare non cambia la somiglianza del loro contenuto. Quando i governi accusano lo specchio, perché concavo, di deformare la realtà, cercano di nascondere il fatto che è il loro sguardo a negare quelle stesse distorsioni. Lo stesso sguardo in cui è LUI a illuminare e colorare tutto.

La storia passata, in minuscolo, non è altro che l’antefatto dell’incubo presente. Oggi si consumano la morte e la distruzione di domani.

III

Il pensiero non precede la materia. Al contrario. Non è una teoria sociale o filosofica a far nascere il capitalismo come sistema dominante. Né le sue diverse fasi. La teoria sociale è un gigantesco scaffale di idee a cui le diverse proposte politiche si rivolgono alla ricerca di ragioni per dare un senso all’irragionevolezza. I sistemi dominanti non sono che uno stesso corpo con abiti diversi nella loro presentazione, ma uguali nella loro ipocrisia.

La teoria sociale alla moda è solo un bestseller momentaneo, che convive con teorie di auto-aiuto, teorie su come conquistare gli amici (“followers”, dicono ora) e teorie secondo cui il fine giustifica i mezzi, a seconda che si tratti di conservatorismo o progressismo (che non è altro che conservatorismo blando).

Ciò che dà origine al capitalismo è un crimine. E ogni fase del suo sviluppo assomiglia a quella di un serial killer: diventa sempre più esperto. Il compito dei teorici ufficiali è quello di abbellire questo crimine con un po’ di romanticismo, avventura e, naturalmente, frivolezza.

Nella teoria sociale, il più delle volte non si cerca di capire per rivoluzionare, cioè per cambiare la base materiale di un sistema. Ciò che cercano i “teorici”, ieri di opposizione e oggi governisti, è un cambiamento nel cameratismo. Ecco perché gli aNexos di ieri sono i caricaturisti di oggi. Cambiano i nomi e le professioni, ma l’apologia è la stessa. E, naturalmente, il salario. La reazione della destra illustrata è quella di una coppia disprezzata, indignata perché altri sono stati scelti. E questi altri aspirano a prendere il posto dei favoriti di ieri. Condividono la stessa apatia intellettuale, quindi non c’è problema.

Lo storico di oggi adatta la storiografia ai gusti del capo. Va allo scaffale delle idee in cerca di personaggi, per costruire cattivi o per costruire eroi. Il fatto che ora siano inclusi antagoniste ed eroine è una benevola concessione a un femminismo che si accontenta di poco o nulla. La più grande paura di uno storico oggi è quella di trovare gruppi, collettivi o interi popoli responsabili di una precisa epoca. Chi può vendere un libro con la biografia di un non-individuo? Perché quella è una comunità.

Lo storico di oggi vende alibi ed è il mezzo pubblicitario per la storiella di cartone del potere. Per lui la storia è solo lo sfondo che adorna il suo luminoso presente. L’equivalente letterario delle sfarzose scenografie sui popoli originari sono le biografie e le ricerche coltivate nei circoli del potere. In questo modo, i calendari vengono adattati alle convenienze e le sconfitte di un impero contro un altro vengono trasformate in vittorie.

La confusione è tale che c’è chi pensa, sostiene e argomenta che l’Impero Azteco sia stato la panacea dei popoli originari prima della conquista spagnola, che la Russia sia l’URSS e che la Cina sia un luogo dove il comunismo vige come sistema dominante; che il popolo sia saggio se vota per Lula, Kirchner, PSOE, Macron e Harris; e ignorante se vota per Bolsonaro, Le Pen, Milei, Trump. Poche cose si sono prostituite come la “democrazia”, ma nessuna è più costosa.

Nella storia non raccontata dei claudicanti, coloro che stanno zitti e crescono (così insegnano i quadri del Partito), si rivolgono allo scaffale delle idee per comprare qualcosa che vada bene per loro. È inutile: il tradimento dei principi e delle convinzioni è una resa, anche se è travestito da Poulantzas. L’appellativo “di sinistra” non cambia l’essenza di un fatto, è complicità con un crimine, il peggiore di tutti: quello di un sistema contro l’umanità.

IV

In politica non ci sono morti, ma solo cadaveri recidivi.

Come si diceva di Pedro Infante: il PRI non è morto, vive nel cuore di tutti i partiti politici.

Ecco perché i politici di professione cambiano sigla con la stessa facilità con cui si cambiano i pantaloni. Anche se i pantaloni talvolta li lavano… o forse no.

Non c’è differenza tra politici progressisti e di destra, così come non c’è differenza fondamentale tra buoni e cattivi padroni. Entrambi amministrano un furto.

Le opzioni politiche non cambiano nei loro obiettivi (mantenersi al governo), né in ciò che fanno (servire il potere economico). Cambiano solo gli alibi.

V

Nella sua fase attuale, il sistema sta conducendo una nuova guerra di conquista, il cui obiettivo è distruggere/ricostruire, spopolare/ripopolare. La distruzione/spopolamento e la ricostruzione/riordinamento di un’area è la destinazione di questa guerra.

Il governo israeliano non sta vendicando gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023 ma sta distruggendo e spopolando un territorio. L’affare non è solo la distruzione e il genocidio, ma anche la ricostruzione e il riordinamento. Da qui l’ovvia complicità degli Stati nazione del mondo. Quando le “nazioni” inviano forniture militari a Israele, non stanno solo sostenendo il genocidio contro il popolo palestinese. Stanno investendo in quel crimine. I dividendi di questo business si vedranno in seguito.

VI

Non esiste una distruzione “buona” o “cattiva”. Cambiano le scuse e i motivi, ma il risultato è lo stesso. Non ci sono differenze sostanziali tra il Tren del Istmo porfirista, il Plan Puebla-Panamá foxista e il Corredor Transístmico morenista. Gli altri sono falliti e anche questo fallirà. Il loro obiettivo non è il benessere (se non quello del grande capitale), né la modernizzazione porfirista dell’espropriazione: è semplicemente un’altra frontiera che si aggiunge a quelle già esistenti. E, come le altre, sarà anch’essa violata. E non per le migliaia di migranti, ma per la corruzione e il cinismo che, a distanza di secoli, i neo-schiavisti di oggi stanno scoprendo: il traffico di esseri umani è un business con un’immensa fonte di materia prima (ottenuta attraverso le guerre e le politiche dei diversi governi). E l’investimento di capitale è minimo: tutto ciò che serve è burocrazia, crudeltà e cinismo. E di questo c’è abbondanza nel Capitale e nello Stato.

I cosiddetti mega-progetti non portano allo sviluppo. Sono solo corridoi commerciali aperti perché la criminalità organizzata abbia nuovi mercati. La disputa tra cartelli rivali non riguarda solo il traffico di persone e di droga, ma è soprattutto una disputa per il monopolio della richiesta del pizzo in quel che malamente si chiama “Tren Maya” e “Corredor Transístmico”. Gli alberi e gli animali non possono essere tassati, ma le comunità e le imprese che si insediano su quest’altra inutile frontiera del sud-est messicano sì.

Ciò garantisce la crescita di guerre per il controllo territoriale, in cui l’ologramma dello Stato nazione sarà assente.

L’assunto che la violenza di quella che viene chiamata “criminalità organizzata” sia un’anomalia del sistema non solo è falso, ma ci impedisce anche di capire cosa sta succedendo (e di agire di conseguenza). Non è un’anomalia, ma una conseguenza.

L’obiettivo è consensuale: lo Stato vuole un mercato aperto (“libero” da intrusi – cioè le popolazioni originarie), e gli altri vogliono il controllo di un territorio.

A immagine e somiglianza di quello che una volta si chiamava capitalismo monopolistico di Stato, in cui il capitale aspettava che lo Stato creasse le condizioni per il suo insediamento e il suo sviluppo, oggi si tratta di quella che i militari chiamano “manovra a tenaglia”: sia lo Stato che la criminalità organizzata si impadroniscono di un territorio, lo distruggono e lo spopolano, e poi arriva il grande capitale per ricostruire e riorganizzare.

Chi dice che esiste un’alleanza tra i governi e la criminalità organizzata mente. Così come non esiste un’alleanza tra un’azienda e i suoi clienti. Si tratta di una semplice – anche se costosa – transazione commerciale: lo Stato offre una mancanza e il cartello in questione “compra” quell’assenza e sostituisce la presenza dello Stato in una località, regione, zona, Paese. Il guadagno è reciproco tra venditore e acquirente, la perdita è per coloro che sopravvivono in quei luoghi. “Chi paga o presta, governa”, è il vecchio aforisma che analisti e ‘scienziati sociali’ ‘dimenticano’.

Per quanto riguarda la cosiddetta “criminalità organizzata”, lo Stato e il capitale commettono un errore di calcolo (as usual): presuppongono che il collaboratore si attenga all’accordo. E non che operi per conto proprio.

Come è successo con l’incoraggiamento e la creazione di gruppi paramilitari che, essendo composti da indigeni, si pensava potessero essere controllati. In fondo, erano persone ignoranti e manipolabili. E poi Acteal. «Las Abejas” hanno ragione: il massacro di Acteal del 1997, con la sua crudeltà e la successiva impunità, è stato solo il preludio dell’incubo attuale. Lo Stato considera la cosiddetta criminalità organizzata come un suo servo, che va e viene in base alle istruzioni o all’obbligo. È a causa di questa convinzione che ricevono le sorprese che subiscono.

Ora, provate a rispondere a questa domanda: perché in uno Stato federale che è stato militarizzato da 30 anni, i cartelli e i loro conflitti aumentano proprio ora in seguito all’approvazione governativa di coloro che hanno invaso lo Stato messicano sud-orientale del Chiapas, sostenendo di voler evitare la “balcanizzazione” della Repubblica? Sì, sembra che il territorio messicano sia più frammentato che mai.

(Segue)
Dalle montagne del sud-est messicano.


El Capitan.
Agosto 2024.

 

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