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Palabra del Ejército Zapatista de Liberación Nacional

Ago182019

Adagio-Molto Allegro in mi minore: Una possibile realtà. (dal Quaderno di Appunti del Gatto-Cane)

La pazzia è come la gravità, sai? basta una piccola spinta

El Guasón nel ruolo di Heath Ledger (o era il contrario?).

 

 Nessuno sa scientificamente come tutto è iniziato. Compresi i Tercios Compas che si erano assunti il compito di ricostruire i fatti non sono stati in grado di determinare il momento e l’evento esatti in cui è cominciato ciò che ora vi racconterò.

 Secondo una versione, fu il SupGaleano ha provocare tutto. Secondo altre, il SupGaleano lo ha solo iniziato ed è stato il Subcomandante Insurgente Moisés a proseguire e poi completare il tutto.

 Il fatto è che il SupGaleano, in uno dei suoi testi, aveva fatto riferimento al fatto che nel febbraio del 2011 la giornalista Carmen Aristegui, in una puntata del suo programma, aveva chiesto se l’allora capo dell’esecutivo, Felipe Calderón Hinojosa, soffrisse di alcolismo, aggiungendo che la Nazione avrebbe dovuto essere informata sullo stato di salute del presidente. Per rappresaglia, la giornalista fu licenziata. Fino a qui, nessun problema. Così è stato e questo fatto è verificabile sulla stampa.

 La disapprovazione è sorta dal fatto che il SupGaleano aggiunse qualcosa come: «La pazzia, come disse un incompreso conoscitore dell’animo umano, è come la gravità: hai bisogno solo di una spinta. Esercitare il Potere è quell’irresistibile spinta a cui là sopra tutti anelano e comincia con 3 semplici parole «qui comando io». Se ti aspetti che qualcuno dei mezzi di comunicazione metta in discussione se l’attuale capo del governo federale sia in possesso delle sue facoltà mentali (come può accadere a chiunque, non ha detto «è pazzo»), siediti comod; perché nessuno oserà farlo».

 Il giorno dopo, in quel fascio di luce quasi divina che sono le conferenze mattutine del probabile demente, una persona della stampa osò domandargli che cosa pensasse di questo. L’interpellato rimase in silenzio, l’espressione facciale mostrava la sua collera e interruppe la conferenza stampa senza aver finito di spiegare perché obbedire ai mandati di Donald Trump avesse portato grandi benefici al paese. Non chiarì mai a quale paese si riferisse.

 Secondo l’addetto alla Comunicazione Sociale della Presidenza, il capo (così disse) era indisposto a causa di una probabile congestione addominale dovuta a del cibo in cattivo stato.

 Il mattino seguente, già rimessosi, il capo supremo (così lo annunciò l’addetto alla Comunicazione Sociale), disse che, per lui, coloro che si presentavano come di sinistra radicale non erano altro che radicali di destra che si nascondevano dietro un passamontagna e che mantenevano il loro movimento solo in 4 municipi dello stato messicano sudorientale del Chiapas, e questo grazie al sostegno economico che ricevevano dagli Illuminati; e che «il Marcos» (così disse) in realtà se ne stava in Francia. A Parigi, per l’esattezza, secondo le informazioni in suo possesso.

 Il SupGaleano rispose con uno scritto dove descriveva Place Pigalle con una minuziosità che nemmeno la guida Michelin, segnalando il paradosso che il peccato originale stesse così vicino al Sacré-Coeur che incorona Montmartre, e si scusava di non fornire più dettagli poiché si stava dedicando al «mestiere più antico del mondo» (così disse) e doveva soddisfare la clientela. Alcuni dicono che il Sup allegava una foto in cui risaltavano le sue belle e ben tornite gambe. Nelle reti sociali della 4T si diceva che fossero fotoshoppate e che non fosse nemmeno coì bello «il faccia di calzino» (così dissero) – benché più di una, unoa, scaricò l’immagine nella cartella «non aprire in caso di mia morte» -.

 Il mattino seguente, il leader massimo fece una leggera autocritica. Chiarì che non si trovava a Parigi (il Sup si capisce), bensì in Grecia, secondo i suoi dati. Sull’Isola di Lesbo per essere più precisi. Il SupGaleano rispose con un altro testo che descriveva le condizioni in cui i migranti illegali cercavano di entrare in Europa… fuggendo dalle guerre scatenate dai governi europei.

 Un giorno ed una correzione in più nella conferenza stampa mattutina: «il subcommediante» (così disse il leader) in realtà stava, secondo i suoi dati, in Australia. A Sidney, sulla spiaggia Lady Bay Beach, per essere precisi.

 Il Sup rispose con un poema ridicolo, presumibilmente di sua paternità, che in una parte recitava: l’ombra che si scioglie in mare / come se nella luce morisse / lontani e umidi i risvegli / presente la speranza asciutta… e con una foto che la decenza e le buone maniere mi impediscono di descrivere. Posso solo dire che il Sup indossava il passamontagna, il suo berretto e la pipa (non so se mi capite).

 Il supremo, quella stessa sera, esplose e tuittò che la pazienza era colma (del Supremo, si capisce) e che aveva tutto il necessario per mettere ordine in «Chapas» (così scrisse) e farla finita con «le fandonie della faccia di gomitolo» (così disse). Su NOTIMEX corressero «in Chiapas», e nelle reti sociali qualcuno tuittò timidamente: «Ma, non stava in Francia-Grecia-Australia?».

 In mattinata, l’illuminato se ne andò via: disse che lui, l’autentico, aveva la sacra missione di preservare il passo incontenibile della 4T e che «nel mio necessaire ho tutte le opzioni per riuscirci». Su NOTIMEX corressero e nella trascrizione misero «sulla mia scrivania».

 Qui è dove dicono che intervenne il Subcomandante Insurgente Moisés che scrisse un breve comunicato che diceva solo: «Voi siete solo un mattone in più nel muro. Noi uno di moltissimi».

 Il capo supremo, leader massimo, che noi altri attendavamo (così disse il presentatore della conferenza stampa, anche se su NOTIMEX aggiunsero «e noi altre»), dichiarò che a lui non tremava il polso per mettere ordine nella sua repubblica (NOTIMEX corresse «nella nostra repubblica»). 

 Il Subcomandante Insurgente Moisés rispose con «Voi non siete che uno sputo nel mare della storia. Noi siamo il mare dei nostri sogni. Voi siete solo polvere nel vento. Ik O´tik (noi siamo vento)». 

 Tutti concordano che questo fece esplodere tutto. Il supremo poteva essere più o meno tollerante, ma che si mettesse in discussione il suo ruolo nella Storia (maiuscolo) del mondo mondiale, era andare troppo oltre…

 

La Legge LEI.

 Il Congresso, a stragrande maggioranza della 4T – alla quale si erano uniti con fervore patriottico il PVEM, il PAN, il PRI ed altri mini-partiti – approvò allora, in via urgente, la Legge di Esistenza Indesiderata («LEI» la sigla). Benché l’esecutivo federale avesse inviato il progetto solo qualche minuto prima, i legislatori avevano subito capito che la legge LEI era un portento giuridico, una luce nell’oscurità, una guida che avrebbe portato il paese (non chiarirono mai a quale paese si riferissero) verso un futuro luminoso. Ergo, l’approvarono per acclamazione.

 In uno dei suoi commi, e come conseguenza logica della legge che proibiva che qualcuno guadagnasse più del capo dello stato, si proibiva espressamente di essere più intelligente del supremo. Tutto quello che avesse un coefficiente intellettuale superiore a quello dell’amato leader, sarebbe stato confinato in una prigione o esiliato dal paese (non si è mai chiarito a quale paese si riferisse la legge LEI). Si dichiarò allora l’obbligo per tutta la popolazione di presentare un test di intelligenza per scoprire così i trasgressori. Il «coefficiente intellettuale» non doveva superare quello dell’amato, ammirato e mai ben considerato leader, per cui il 99,999 percento della popolazione sarebbe rimasto a livello di «esistenza indesiderata» a meno che…

 La banda è banda e il quartiere è quartiere. Cosicché, su internet e tra le bancarelle degli ambulanti si poteva comprare una pillola che inibiva i processi cognitivi. «Non rischiare, vai sul sicuro. Bara, bara, tutto legale mio caro», si leggeva o si sentiva nelle pubblicità. Non mancava chi rivendeva le copie del test, magari con un sovraprezzo per aggiungere le risposte sbagliate che assicurassero il proprio patrimonio. Si offrivano anche corsi propedeutici per presentare l’esame, dove si imparava come ottenere un giudizio basso.

 Salvo una bambina di 6 anni che vomitò la pastiglia, tutti dimostrarono di non essere più intelligenti del supremo. La bambina fu confinata con la sua famiglia perché non si dicesse che il supremo separava i genitori dai figli. NOTIMEX aggiunse «e dalle figlie».

 In un altro comma, si proibiva l’ateismo, e l’agnosticismo si tollerava solo se non si manifestava «in pensieri, parole ed opere». La popolazione atea dovette passare alla clandestinità, ma non per molto: qualcuno disse che l’ateismo può essere fanatico come qualunque religione. Cosicché l’Istituto delle Religioni Permesse (PRI la sigla in inglese) incorporò l’ateismo come un’altra religione. Benché molto sotto altre religioni (come la Luce del Mondo, etc.) ed ovviamente lontana dall’Amloísmo, questo fortunato sincretismo tra varie religioni ed Alfonso Reyes, che non era stato dichiarato «religione ufficiale» solo per sacro pudore e verginale cautela.

 Quello che ha scatenato tutto, secondo alcuni, è stato il comma della legge LEI che si riferiva specificamente alla popolazione che apparteneva agli autodefinitisi popoli originari, ma che erano conosciuti comunemente come «indigeni», «indios», «la indiada«, etc.

 La legge obbligava i parlanti lingue strane (così diceva) a registrarsi e recarsi in un campo di concentramento in modo che non offendessero con la loro vista il resto della società, e facilitare così la consegna delle elemosine governative. Nel campo di concentramento, con previsione lodevole, erano state collocate succursali dei magazzini Elektra con incluse casse della Banca Azteca, in modo che il «cliente» riceveva «l’aiuto» e lì poteva spenderlo. Il supremo avrebbe così compiuto una delle sue promesse fondative: produrre consumatori degli articoli che, generosamente, Salinas Pliego offriva ai poveri. Le male lingue dicevano che queste attività non erano altro che la versione 4T delle tiendas de raya [negozi a credito di generi di base ubicati vicino alle fabbriche o ai campi dove operai o contadini erano obbligati a fare i loro acquisti – N.d.T.]

 Com’era prevedibile, i popoli zapatisti si rifiutarono e si ostinarono ad offendere il rispettabile. Secondo alcune versioni, è qui dove il Subcomandante Insurgente Moisés rispose con una citazione del Jacinto Canek, di Ermilo Abreu Gómez:

 

«Ora si compiono le profezie di Nahua Pech, uno dei cinque profeti del tempo antico. I bianchi non si accontenteranno di quello che hanno, né di quanto vinto in guerra.
Vorranno anche la miseria del nostro cibo e la miseria della nostra casa.
Scateneranno il loro odio contro di noi
e ci obbligheranno a rifugiarci sui monti e nei luoghi nascosti.
Allora, come le formiche, strisceremo dietro i vermi e mangeremo cose cattive: radici, carogne, corvi, topi e cavallette.
Ed il marciume di questo cibo riempirà di rancore i nostri cuori
e verrà la guerra.»

 

 Un intellettuale organico alla 4T ha scritto un lungo saggio nel supplemento che dirige per denunciare che l’opposizione zapatista ai disegni divini altro non era che calcoli strategici del «SupMarcos» (ha messo così), che pensava che il suo timing avrebbe colpito la marcia inesorabile, trionfante e dominatrice della 4T; e che l’ezetaellenne perdeva una grande opportunità perché, per la prima volta, si sarebbero riunite in un solo luogo tutte «le etnie ed i loro dialetti» (così scrisse). Laura Bozzo nella sua colonna scrisse che la risposta del Subcomandante Insurgente Moisés era l’ulteriore dimostrazione del settarismo dell’EZLN, che lo zapatismo faceva male ad isolarsi dai «poveri della terra» (così disse) e che il CNI ed il CIG dovevano, come mossa tattica, accettare la generosa offerta del governo ed approfittarne per studiare lì i suoi articoli… ed obbedire a quello che in essi si ordinava.

 Nelle reti sociali pro 4T crearono l’hashtag #pinchesindioshijosdesalinas, anche se non è mai stato chiaro se si riferivano al Salinas cattivo (Salinas de Gortari, che non si nascondeva più dietro le gonne Chanel di Rosario Robles ed era in fuga sicura) o al Salinas buono (Salinas Pliego, che si arricchiva di banconote con le tessere di «Sembrando Vida»).

 Il caso, o cosa, secondo, è che è arrivata la Guardia Nazionale «ad installare l’ordine ed il progresso che erano stati sfidati dai trasgressori della legge». NOTIMEX aggiunse «e dalle trasgreditrici della legge».

 Nelle reti sociali, gli utenti seguaci della 4T si convocarono tra loro per unirsi alla campagna patriottica. Con l’ingegnoso hashtag #fuerazapatistademivista (si presume ideato da un influencer che produce telenovelas) invitavano a salire su ogni tipo di veicolo per dirigersi in Chiapas ed arruolarsi temporaneamente nella sempre gloriosa, eroica e potente Guardia Nazionale. Non è arrivato nessuno perché, come si lesse in un altro influencer: «una cosa è dover uscire in strada per caricare il cellulare, ed un’altra molto diversa è andare così lontano. ALV». Il messaggio ha avuto 3 milioni di likes.

 Brandendo le rilucenti armi donate dall’esercito nordamericano (il comandante del Comando Centrale dell’Operativo si era lamentato presso l’ambasciata perché erano obsolete. L’ambasciatore gli ha risposto: «Ma, se andate a combattere contro quattro fottuti indios»), la fiammante Guardia Nazionale – che fino ad allora si era dedicata solo ad estorcere migranti e scortare i camion di Sabritas, Bimbo e latte LALA – ha fatto la sua entrata trionfale nei «bastioni zapatisti». NOTIMEX ha corretto: «nei covi dei peccatori»; e poi ha di nuovo corretto: «e delle peccatrici».

 Nel suo avanzare, la Guardia Nazionale trovava solo fumo. I popoli zapatisti erano ripiegati nelle montagne dopo aver dato fuoco alle loro capanne ed ai raccolti. 

 Il anche noto come «il Bambino Canún degli ecologisti», famoso per il suo articolo «Il Tramonto della decenza accademica e lo splendore della ruffianeria» – che gli valse la sua entrata al gabinetto -, scrisse un articolo denunciando l’attentato contro l’ambiente provocato dalla stupidità zapatista. «È intollerabile», ha scritto, «che le nostre gagliarde guardie debbano respirare quel fumo che, inoltre, macchia di fuliggine le loro fiammanti armi ed uniformi».

 Il Supremo fece congelare tutti i conti bancari delle ONG´s patrocinatrici dei diritti umani e promotrici di progetti perché, disse, «in realtà sono teste di ponte degli Illuminati«.

 Il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas non chiuse le sue porte. Dalle comunità lontante giunsero uomini, donne e bambini, perfino di organizzazioni e villaggi rivali tra loro, portando galline, tortillas, mais, fagioli, verdure, frutta e perfino del posh nascosto tra il pellame di un agnello, oltre a coperte, bluse, naguas e pantaloni con così tanti colori da ubriacare la vista. «Los fraybas«, come li chiamano nelle comunità del Chiapas, non soffrirono né fame né freddo e perfino condivisero con altre ONG´s. Questo sì, tutt@ sono ingrassati.

 La Sexta e le Reti non sono stati senza far niente. Si sono formate brigate, comandi e battaglioni per andare a combattere insieme agli zapatisti. Ma, siccome continuavano a fermarsi con i loro scalcinati veicoli, venivano continuamente fermati e portati in un campo di concentramento approntato in fretta e furia nello stadio di calcio «Víctor Manuel Reyna», nella capitale chiapaneca.

 Come ai vecchi tempi, si ritrovarono lì, insieme, comunisti ed anarchici e chi non era né l’uno né l’altro. Ci sono state frizioni e scambio di insulti e la cosa sarebbe passata al peggio se non fosse stato per loas otroas che calmarono gli animi. Come atto di disobbedienza, si organizzò un campionato di calcio (malgrado questo gioco del demonio fosse stato proscritto e solo il baseball era permesso). La coppa (che in realtà era un bicchiere di polistirolo con residui di caffè e decorato con i colori in tutte le lingue) fu vinta dalla squadra de loas otroas (cosa che avrebbe fatto molto piacere al defunto ed il defunto in procinto di esserlo). Le Guardie Nazionali che vigilavano ai margini li schernivano: «Uh, hanno vinto i femminucci e le maschiacce». Le/i suddette/i sfidarono allora le Guardie ad una partita. Le Guardie accettarono subito. Nessuno sa come, ma, all’inizio dell’incontro, non c’erano le porte, erano state smantellate (supponiamo dagli altri prigionieri) e «i femminucci e le maschiacce» si allinearono ognunoa con in mano un pezzo di tubo. L’arbitro fuggì seguito dalle guardie che dimenticarono di chiudere il portone. Tutti, tutte e todoas uscirono. Ancora li stanno cercando.

 A causa della globalizzazione, il fatto i propagò ad altre parti del pianeta. Cominciarono ad apparire zapatisti di tutti i colori, di tutti i generi e di tutte le lingue. Le onorevoli ambasciate della 4T in varie parti del mondo furono assediate e dovettero intervenire le forze di polizia dei diversi paesi nell’operazione internazionale chiamata «Fuck the zapatistas now»…

-*-

 

69 volte 3 e 69 volte 6. 

 Il giorno dopo l’epica avanzata della Guardia Nazionale, apparve la notizia: «Il Subcomandante Moisés ed il SupGaleano sono stati abbattuti» (NOTIMEX corresse «ed il SupMarcos-Galeano») e si mostrava la foto del cappello del Moisés ed il berretto e la pipa del suddetto Marcos-Galeano in una pozzanghera di quello che si supponeva fosse sangue.

 Il sistema è il sistema, cosicché subito apparvero offerte per accaparrarsi il cappello, il berretto e la pipa e farsi un selfie con questi nel proprio giardino o nel parco più vicino, anche se qualche vaso di fiori poteva soddisfare l’obiettivo. Il kit Premium includeva una bottiglia di un liquido spesso di colore rosso. «Sembra sangue vero!» si pubblicizzava.

 Il fatto è che tutti reclamavano di aver «comprato quei pezzi» (così dicevano) e nei luoghi più disparati. Lo stesso si diceva alla Realidad zapatista, alla Garrucha, ad Oventik, a Roberto Barrios, a Morelia. Ma questo solo all’inizio. Presto apparve chi rivendicava di aver abbattuto i due zapatisti in altre città. Alcune ore dopo, in altre parti del mondo. Perfino Donald Trump tuittò di averli eliminati personalmente mentre tentavano di attraversare la frontiera a El Paso, Texas. Putin non rimase indietro e rivendicava la stessa cosa ma in Chechenia. Daniel Ortega dichiarò che era stato nel quartiere di Monimbó e che «Chayito» (così disse) gli aveva dato il colpo di grazia.

 Un giornalista della stampa fufa (un termine ideato dall’ingegnosità del supremo che si riferiva così alla stampa che non gli era del tutto favorevole, cioè né pro né contro, – i giornalisti della stampa fifí o erano in esilio, o in prigione al cimitero -), disse ad un altro: «Ho contato le morti «provate» di Marcos e Moisés e, oltre ai luoghi distanti chilometri uno dall’altro e che sono avvenute simultaneamente, c’è qualcosa di strano». «Cosa c’è di strano?», chiese l’altro. «Perché sono 69», rispose il primo. «E?», insistette l’altro. E il primo: «Perché questo numero lo usava il marchino come gioco di parole nei suoi comunicati. Mi sa che quei due devono essere morti, sì, ma dalle risate». «Taci», gli disse l’altro, «non dire niente perché potresti perdere qualcosa di più che il posto di lavoro».

 A Città del Messico, capitale della 4T, uno storico concludeva il suo ultimo libro con queste parole: «La prova che la Quarta Trasformazione avanza è che, come le sue 3 precedenti si costruisce sulla sconfitta degli indigeni». Ed in un lampo di spontaneo genio aggiunse: «me canso ganso» [frase coniata dal comico messicano Germán Valdés, noto come Tin Tan, ed utilizzata dai messicani per dire di essere sicuri di qualcosa e sicuri di ottenere qualcosa. Espressione usata da Andrés Manuel López Obrador nel suo discorso di insediamento riferendosi alla questione energetica – N.d.T.]. Pazzo di gioia, corse dal suo amico, un burocrate progressista che lavorava nella casa editrice ufficiale e filogovernativa, per vedere se avrebbe pubblicato il suo libro. Il funzionario gli disse che non avrebbe dovuto nemmeno passare dalla revisione ma sarebbe andato direttamente in stampa, altrimenti a che servono gli amici? Ed aggiunse: «Senti, tu che te ne intendi, potresti raccomandarmi uno psichiatra? È che ricevo chiamate da un certo Elías Contreras, parla in un linguaggio strano e capisco solo una parola che ripete continuamente: culero«. L’insigne storico ufficiale della 4T gli disse di non preoccuparsi, che sicuramente si trattava di un bot, che al Governo avevano scoperto che i conservatori avevano «call centers» clandestini che operavano da satelliti degli Illuminati, e che così tentavano di mettere in difficoltà il funzionamento impeccabile dell’impeccabile macchina dell’impeccabile 4T.

 Nel frattempo, in una zona residenziale della città di Palenque, Chiapas, il Gran Leader e Massimo Dirigente della Nazione, Visionario Condottiero del Veicolo della Storia, Amato Camerata, Illustre Guida, Paladino Conquistatore dei Cavalieri dello Zodiaco, Padre di Rhaegal, Protagonista delle Sette Storie, Spezza Catene, Re dei Primi Uomini, Signore dei 7 Regni e Protettore della Nazione (nessuno osava più chiamarlo col suo nome), mentre si ricaricava di energia cosmica, ricevette la notizia dalla bocca dell’addetto alla comunicazione sociale della presidenza: «hanno ammazzarono i due, il territorio che era nelle mani dei trasgressori della legge LEI, è stato conquistato». Il leader supremo e gigante storico afferrò subito il suo cellulare modello dullphone (un dispositivo tecnologico costruito in particolare per non offendere il livello intellettuale del possessore) e, dopo un sguardo ispirato al cielo, tuittò: «le armi gloriose si sono coperte di Nazione«.

 Nelle reti sociali ci fu un momento di sconcerto. All’agenzia di notizie governativa, NOTIMEX, il tuit originale fu «migliorato» e si rituittava «le armi nazionali si sono coperte di gloria» [frase scritta dal Generale Ignacio Zaragoza nel telegramma inviato al Presidente Benito Juárez il 5 maggio 1862 quando i soldati messicani, vestiti di stracci e male armati, sconfissero il potente esercito invasore francese N.d.T.]; ma le schermate sono una creazione dei nemici del vero cambiamento, cosicché qualcuna delle menti privilegiate e fortunate che si abbeverano delle virtù del supremo, elaborò questa logica: il meraviglioso ed insuperabile genio del portentoso dirigente era riuscito a trasformare anche la storia ed il linguaggio. Il tuit originale del gran pastore non era un errore, bensì un’illuminazione che dava alla semantica tradizionale qualcosa di fuori dal comune e la rivoluzionava. Le reti sociali esplosero all’unisono in canti e salmi.

 Anche se non durò molto: l’hashtag #másvalepájaroenmanoquesientobonito rimpiazzò il patriottico #selasmetimosdobladapincheszapatistas come trending topic nazionale, e la vita proseguì, benché non così rapidamente quanto la distruzione e la morte.

 Il Supremo usava trascorrere le vacanze nella sua proprietà a Palenque. Lì, lui e la sua famiglia usavano il treno che fece costruire e gli permetteva di andare nella sua terra nativa o in spiaggia, mentre dai finestrini distribuiva benedizioni e carte della Banca Azteca. Nelle reti, gli influencers della 4T chiarirono a suo tempo che questo non era male, che, per esempio, anche a Homero Adams e Sheldon Cooper piaceva giocare con i treni.

 Nessuno più usava quel treno. I vicini al circolo vicino (astenersi dall’eco) dicevano che era per la sicurezza del grande dirigente. Le male lingue dicevano, invece, che quel treno era stato un fallimento dalla sua sola enunciazione.

 Ancora fresca la notizia della sconfitta zapatista che si diffuse a catena nazionale, Alfonso Romo chiese parlare col Supremo. Gli espose un grave problema: IL PARTITO (tutto maiuscolo) correva il rischio di fratturarsi in vista delle prossime elezioni presidenziali. Era diviso perché Claudia e Ricardo volevano essere gli eletti, oltre ad altri che minacciavano di accodarsi. La situazione era così grave che richiedeva una mossa audace. Il supremo aspettò impazientemente il seguito. Alfonso Romo, accecato dalla luce che sprigionava dal Supremo, socchiuse gli occhi ed osò: «la rielezione». «Nemmeno per sogno», rispose il supremo, «questo sarebbe violare la costituzione». Romo si prostrò e si scusò: «era solo un’idea». Il supremo rimase in meditazione e disse: «anche se si riformasse la costituzione, il mio obbligo è rispettare la legge». Un sorriso illuminò il viso di Romo che disse: «Certo, capo, lo faccio io». «Ma con attenzione», lo interruppe il supremo, «prima prova con un interinato o un periodo intermedio. Qualcosa come ‘suffragio effettivo, non rielezione immediata’. Se vedi che questo passa senza problemi, allora prova con qualcosa come «suffragio effettivo, non rielezione per più di 7 mandati consecutivi».

 La realtà, che non aveva studiato il Manuale Morale di Alfonso Reyes né assisteva alle conferenze stampa mattutine, continuò a presentare il conto. La tormenta crebbe.

 Nel molto altro «territorio zapatista», le cose non andarono bene per le forze di occupazione. In pochi giorni cominciarono le voci, le leggende macabre. Si diceva che nelle notti apparisse Xpakinté, una donna con un lungo e trasparente abito bianco, di pelle ed occhi chiari, che incantava le guardie e faceva che si uccidessero a vicenda (l’ultimo si era sparato al petto). Esseri indefiniti, vestiti solo di un grande cappello, facevano esplodere le macchine rendendole inservibili. Nelle albe una voce lontana ma intelligibile ripeteva «arriva, arriva, chi arriva?, arriva» con un ritmo che somigliava troppo alla canzone «La Carencia» dei musicisti pantheon, cosa che faceva impazzire nelle postazioni della Guardia Nazionale e tra gli ingegneri incaricati di progettare la ricostruzione di quello che avevano distrutto.

 I quartieri e gli accampamenti della Guardia Nazionale, come gli uffici dei grandi consorzi edilizi, si svuotavano senza che nessuno tenesse il conto. Non si seppe mai quanti furono le diserzioni, un nuovo scandalo scosse la realtà di reti sociali e conferenze stampa mattutine e tutti, nel mondo di fuori, si dimenticarono delle mitiche montagne del sudest messicano.

 Quello che seguì è stato documentato dai media liberi, alternativi, autonomi o come si chiamino: Prima isolati, poi riempendo i muri e le facciate dei quartieri marginali nelle città, e sugli edifici di legno delle comunità rurali, apparvero a lettere multicolori graffiti anonimi che recitavano: «Perché così seri?».

 Così fu la terza morte del Subcomandante Insurgente Moisés, e la sesta di chi fu il SupMarcos o SupGaleano o come si chiami. Quella volta morirono 69 volte.

 I popoli zapatisti scesero dalle montagne. Nessuno capì come sopravvissero in quelle condizioni, benché si mormori che ricevettero cibo e indumenti dalle comunità del CNI. E, certo, strumenti musicali. All’arrivo nelle loro terre, gli zapatisti fecero quello che si fa sempre in questi casi: organizzarono un ballo e, con le note di marimba, tastiere, batterie, guitarrones e violini, le Xpakinté ed i Sombrerones ballarono «la del moño colorado», ma con un nuovo ritornello, come un messaggio da un nuovo mondo all’altro che, lentamente e quasi senza far rumore, là sopra moriva.

 E csì fu che i morti di sempre tornarono a morire, ma ora per vivere.

-*-

 Tutto questo è un mero esercizio di finzione. Non può accadere… oppure sì?

 

(Continua…)

 

Da un angolo delle montagne del Sudest Messicano.

Guau-miau

Il Gatto-Cane che tira unghiate alla luna (qualcuno dovrebbe dirgli che così non la convincerà… oppure sì?).

Messico, Agosto 2019.

 

Traduzione “Maribel” – Bergamo

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