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Palabra del Ejército Zapatista de Liberación Nacional

Ago262018

300. Terza ed ultima parte: UNA SFIDA, UNA AUTONOMIA REALE, UNA RISPOSTA, DIVERSE PROPOSTE, E QUALCHE ANEDDOTO SUL NUMERO “300”.

E poi cosa viene?

Remare controcorrente. Niente di nuovo per noi, nosotroas, zapatiste, zapatisti.

Noi lo vogliamo ribadire – ci siamo consultati con le nostre comunità -: qualunque caposquadra deve essere contrastato, chiunque; e non solo chi propone una buona amministrazione ed una corretta repressione – cioè, questa lotta alla corruzione ed il piano di sicurezza basato sull’impunità -; anche chi dietro sogni avanguardisti vuole imporre la sua egemonia ed omogeneizzarci.

Non cambieremo la nostra storia, il nostro dolore, la nostra rabbia, la nostra lotta, per il conformismo progressista ed il suo correre dietro al leader.

Forse qualcuno lo dimentica, ma noi non dimentichiamo che siamo zapatisti.

E riguardo alla nostra autonomia – con la faccenda che sì la si riconosce, o no non la si riconosce -, noi abbiamo fatto questo ragionamento: l’autonomia ufficiale e l’autonomia reale. Quella ufficiale è quella riconosciuta dalle leggi. La logica sarebbe questa: hai un’autonomia, ora la riconosco in una legge e quindi la tua autonomia dipende da questa legge e comincia a non mantenere più le sue forme, poi, quando ci sarà un cambio di governo, allora devi appoggiare il governo «buono» e votare per lui, promuovere il voto per lui, perché se arriva un altro governo abolirà la legge che ti protegge. Quindi diventiamo i peones dei partiti politici, come è successo con i movimenti sociali in tutto il mondo. Non importa più quello che si sta facendo nella realtà, quello che si sta difendendo, ma quello che la legge riconosce. La lotta per la libertà si trasforma così nella lotta per il riconoscimento legale della lotta stessa.

-*-

Abbiamo parlato con i nostri capi e capi. O piuttosto con le comunità che ci danno il passo, la direzione e la destinazione. Con il loro sguardo guardiamo a ciò che sta arrivando.

Ci siamo consultati ed abbiamo detto: bene, se noi diciamo questo, che cosa succede?

Rimarremo da soli, ci diranno che siamo marginali, che stiamo rimanendo fuori dalla grande rivoluzione… dalla quarta trasformazione o dalla nuova religione (o come vogliano chiamarla) e dovremo remare un’altra volta controcorrente.

Ma non c’è niente nuovo, per noi, nel rimanere soli.

Allora ci siamo chiesti, bene, abbiamo paura di restare soli? Abbiamo paura di restare nelle nostre convinzioni, di continuare a lottare per esse? Abbiamo paura che chi era a favore, ci si metta contro? Abbiamo paura di non arrenderci, di non venderci, di non cedere? Ed alla fine abbiamo concluso: insomma, ci stiamo domandando se abbiamo paura di essere zapatisti.

Non abbiamo paura di essere zapatisti e continueremo ad esserlo.

È così che ci siamo fatti una domanda e ci siamo risposti.

Noi pensiamo che insieme a voi (le reti), con tutto contro, perché non avevate i media, né il consenso, né la moda, né i soldi – avete perfino dovuto metterci i soldi di tasca vostra – con tutto questo, attorno ad un collettivo di originari e di una donna piccoletta, di pelle scura, del colore della terra, abbiamo denunciato un sistema predatore ed abbiamo difeso la convinzione di una lotta.

Stiamo dunque cercando altre persone che non abbiano paura. Cosicché vi domandiamo (alle reti): avete paura?

Domandatevelo e se avete paura, cercheremo da un’altra parte.

-*-

Noi crediamo di dover proseguire al fianco dei popoli originari.

Ancora qualcuna delle reti pensa che stiamo appoggiando i popoli originari. Col passare del tempo vedrete che è il contrario: sono loro che ci appoggiano con la loro esperienza e le loro forme organizzative, cioè, noi impariamo. Perché se c’è qualcuno esperto in tormente, sono proprio i popoli originari, ai quali è capitato di tutto ma sono lì, o meglio, siamo qui.

Ma pensiamo anche – e ve lo diciamo chiaro, compagn@ – che non basta, che dobbiamo incorporare nel nostro orizzonte, nelle nostre realtà con i loro dolori e le loro rabbie, cioè, dobbiamo proseguire verso la seguente tappa: la costruzione di un Consiglio che incorpori le lotte di tutti gli oppressi, gli eliminabili, le desaparecidas ed assassinate, i prigionieri politici, le donne aggredite, l’infanzia prostituita, i calendari e le geografie che tracciano la mappa impossibile per le leggi delle probabilità, i sondaggi e le votazioni: la mappa contemporanea delle ribellioni e delle resistenze in tutto il pianeta.

Se voi, insieme a noi, sfideremo le leggi delle probabilità che dicono che non c’è nessuna possibilità, se non molto piccola, che ce la faremo, se sfideremo i sondaggi, i milioni alle urne e la numeralia che il Potere contrappone per farci arrendere o per indebolirci, dobbiamo ingrandire il Consiglio.

Fino ad ora è solo un pensiero che esprimiamo qui, ma vogliamo costruire un Consiglio che non assorba né annulli tutte le differenze, ma le potenzi camminando con otroas, altri ed altre che abbiano lo stesso impegno.

Con lo stesso ragionamento, questi parametri non dovrebbero avere come limite la geografia imposta da frontiere e bandiere: dovrebbe mirare a diventare internazionale.

Quello che proponiamo è non solo che il Consiglio Indigeno di Governo non sia più solo indigeno, ma che non sia più solo nazionale.

Pertanto, noi, nosotroas, zapatiste, zapatisti, proponiamo che si porti a consultazione, oltre a tutte le proposte presentate in questo incontro, quanto segue:

1º. – Ribadire il nostro appoggio al Congresso Nazionale Indigeno ed al Consiglio Indigeno di Governo.

2º.- Creare e mantenere canali di comunicazione aperti e trasparenti con chi abbiamo conosciuto nel percorso del Consiglio Indigeno di Governo e della sua portavoce.

3º.- Iniziare o continuare l’analisi-valutazione della realtà in cui ci muoviamo, facendo e condividendo dette analisi e valutazioni, così come le proposte di azione coordinate che ne derivino.

4º.- Proponiamo lo sdoppiamento delle Reti di Appoggio al CIG per aprire, senza abbandonare l’appoggio agli originari, il cuore alle ribellioni e resistenze che emergono e perseverano dove ognuno si muove, in campagna e in città, senza che importino le frontiere.

5º.- Iniziare o continuare la lotta che miri ad ingrandire le domande ed il carattere del Consiglio Indigeno di Governo, in modo che vada oltre i popoli originari ed incorpori i lavoratori delle campagne e delle città, e le/gli eliminabili che hanno storia e lotta proprie, cioè, identità.

6º.- Iniziare o continuare l’analisi e la discussione che miri alla nascita di un Coordinamento o Federazione di Reti che eviti il comando centralizzato e verticale, e che non lesini l’appoggio solidale e la fratellanza tra chi la compone.

7º e ultimo.- Convocare una riunione internazionale di reti, o come la si voglia chiamare – noi proponiamo di chiamarci Rete di Resistenza e Ribellione… ed ognuno sceglierà il suo nome – a dicembre di questo anno, dopo avere conosciuto ed analizzato e valutato quello che deciderà e proporrà il Congresso Nazionale Indigeno ed il suo Consiglio Indigeno di Governo (nella sua riunione di ottobre di questo anno) ed anche per conoscere i risultati della consultazione alla quale si invita in questa riunione – dove siamo adesso -. Per questa, se credete, mettiamo a disposizione lo spazio in uno dei Caracol Zapatisti.

Il nostro appello dunque, non è solo agli originari, è a todoas, a tutte e tutti coloro che si ribellano e resistono in tutti gli angoli del mondo. A chi sfida gli schemi, le regole, le leggi, i precetti, i numeri e le percentuali.

-*-

Aneddoto uno.- Nei primi giorni di gennaio del 1994, i servizi dell’Esercito Federale stimavano la forza dell’autodenominado ezetaelene in «solo» 300 trasgressori della legge.

Aneddoto due. – Nello stesso anno, e mentre Ernesto Zedillo Ponce de León ed Esteban Moctezuma Barragán preparavano il tradimento del febbraio 1995, il gruppo Nexos (prima dedito a cantare le lodi a Salinas de Gortari e poi a Zedillo) si disperava e, per voce di Héctor Aguilar Camín, esprimeva, parole più, parole meno: «Perché non li annientate?  Sono solo 300«.

Aneddoto tre. – Dalla relazione del tavolo di iscrizioni all’Incontro di Reti di Appoggio al CIG e la sua portavoce, realizzato nel caracol zapatista «Torbellino de Nuestras Palabras», dal 3 al 5 agosto 2018: «presenti: 300«.

Aneddoto quattro: Entrate delle 300 imprese più potenti del pianeta: nessuna idea, ma può essere un 300, o qualsiasi numero seguito da un mucchio di zeri, e poi «milioni di dollari».

Aneddoto cinque. – Quantità e percentuali «incoraggianti»:

.- la differenza quantitativa tra 300 e 30.113.483 (che sono i voti che, secondo l’INE, ha ottenuto il candidato AMLO) è: trenta milioni, centrotredicimila, cento ottantatre;

.- 300 è lo 0.00099623% di quegli oltre 30 milioni;

.- 300 è lo 0.00052993% dei voti rilasciati (56.611.027);

.- 300 è lo 0.00033583% del bacino elettorale (89.332.032);

.- 300 è lo 0.00022626% del totale della popolazione messicana (132.593.000, meno le 7 donne che, in media, vengono uccise quotidianamente – negli ultimi dieci anni in Messico, in media, una bambina, ragazza, adulta o donna di terza età assassinata ogni 4 ore -);

.- 300 è lo 0.00003012% della popolazione del Continente Americano (996.000.000 nel 2017);

.- la probabilità in percentuale di distruggere il sistema capitalista è dello 0.000003929141, che è il tot percento della popolazione mondiale (7.635.255.247 alle 19:54 ora nazionale del 20 agosto 2018) che rappresenta 300 (certo, se le presunte 300 persone non si vendono, non si arrendono e non cedono).

Oh, lo so, nemmeno la tartaruga che sconfigge Achille sarebbe di consolazione.

E un caracol?…

La Strega Scarlet?…

Il gatto-cane?…

Lasciate tutto questo a noi zapatiste e zapatisti, quello che ci svela non è la sfida che impone questa infima probabilità, ma come sarà il mondo che verrà; quello che sulle ceneri ancora fumanti del sistema, inizi ad emergere.

Quali saranno le sue forme?

Si parlerà a colori?

Quale sarà la sua colonna sonora? (Eh? Il “moño colorado”? Nemmeno per sogno).

Quale sarà la formazione della squadra, finalmente completata, di Difesa Zapatista? Potrà allineare l’orsacchiotto di peluche di Speranza Zapatista, che fa coppia col Pedrito? Permetteranno al Pablito di portare il suo cappello vaquero e ad Amado Zapatista il suo casco di stame? Perché quel maledetto arbitro non segna il fuori gioco del Gatto-cane?

Ma, soprattutto, e questo è fondamentale, come si ballerà in quel mondo?

Per questo, quando a noi, zapatiste, zapatisti, chiedono «e poi cosa viene?»… dunque, come dirvelo?… non rispondiamo subito, ma ci mettiamo un po’ a rispondere.

Perché, vedete, ballare un mondo dà meno problemi che immaginarselo.

Aneddoto sei.- Ah, pensavate che «300» fosse riferito al film dello stesso titolo ed alla battaglia delle Termopili e già vi preparavate vestiti come Leonida o come Gorgo (ognuno come gli pare) a gridare «Questa è Sparta!» mentre decima le truppe degli «Immortali» del re persiano Serse? Non ve l’ho detto? Siamo zapatist@, e come di consueto, vediamo un altro film. O peggio ancora, guardiamo ed analizziamo la realtà. È così.

-*-

È tutto…per ora.

Dalle montagne del Sudest Messicano.

 

Subcomandante Insurgente Moisés.                     Subcomandante Insurgente Galeano.

Messico, agosto 2018.

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