TRUMP, IL RASOIO DI OCCAM, IL GATTO DI SCHRÖDINGER
E IL GATTO-CANE.
28 dicembre 2017.
Di nuovo buongiorno, buon pomeriggio, buona sera,
Forse qualcuna, qualcuno, qualcunoa, ricorda che il defunto SupMarcos insisteva sul fatto che il sistema capitalista non poteva essere capito senza il concetto di guerra. Ovviamente, ammettendo che si tratti di un concetto. Diceva che la guerra era il motore che aveva permesso, prima, l’espansione del capitalismo, poi la sua consolidazione come sistema mondiale, oltre ad essere lo strumento per affrontare concorrenti e profonde crisi.
Eh, lo so, cos’altro ci si può aspettare da un soldato? Devo però segnalare, per rassicurarvi, che il SupMarcos non considerava come guerra solo quella militare. Magari una rilettura della sua corrispondenza con Don Luis Villoro Toranzo del 2010, resa pubblica a inizio 2011, potrebbe aiutarci a capirlo. Nel primo di questi scambi pubblici, viene sgretolata l’inefficacia apparente della cosiddetta “guerra al narcotraffico” inaugurata dall’affezionato ai videogiochi bellici, Felipe Calderón Hinojosa. E parlo di “inefficacia apparente” perché, in effetti, visti i risultati, è stata ed è tuttora inefficace per combattere il crimine organizzato, ma è stata efficace per mettere i militari a governare di fatto in varie regioni di questo paese chiamato “Messico”.
Lo menziono qui perché, a differenza del defunto, a mio modo di vedere il capitalismo può essere studiato come un crimine.
Affrontarlo così richiederebbe la conoscenza scientifica di materie che potrebbero sembrare lontane da quelle che sono conosciute tradizionalmente come “scienze sociali”.
Insomma, catalogate pure come volete questa divagazione teorica, forse prodotto di un corso inconcluso, per corrispondenza, da detective privato, in quell’epoca lontana in cui la posta non faceva riferimento a conti elettronici e nickname, e che, quando si scriveva l’indirizzo, si metteva la zona postale e non l’IP o il protocollo di internet; un’epoca in cui si poteva studiare, anche per corrispondenza, da un corso da fabbro fino a uno da pilota di aerei, passando, chiaramente, da “come avere un corpo come quello di Charles Atlas senza il bisogno di andare in palestra e in poche settimane”, che non ho avuto bisogno di seguire perché è evidente che le mie gambe sono già sufficientemente belle e tondeggianti (riiiiiiso al latte).
Insomma, mettetemi nell’archivio di alcuni di quegli “ismi” a portata di mano sulle reti sociali, ed evitate di concluderne che le scienze sociali continueranno ad essere incomplete finché non includeranno la criminologia tra i loro strumenti, oltre che, ammesso che si tratti di un crimine, la cosiddetta scienza forense.
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Ma continuerò a parlare di un crimine. Un crimine spiegato da diverse prospettive.
Prendiamo un esempio recente: i terremoti e le disgrazie che hanno causato.
Potremmo fare domande sulle condizioni delle strutture. Ammettiamo che ci sia stato e che ci sia uno studio scientifico del sottosuolo, calcoli sulla resistenza dei materiali e cose del genere. Quelli che hanno fatto della scienza la propria vocazione, la propria professione e la propria vita, possono dirci che le cose stanno così. Che le scienze possono darci gli elementi per evitare o almeno per ridurre il rischio che gli edifici collassino.
Vale a dire, in una zona sismica e con precedenti di terremoto, ci sarebbe da aspettarsi che gli edifici vengano costruiti prendendo in considerazione tutto ciò. Non sarebbe affatto serio che venissero realizzate delle costruzioni per poi pregare affinché non arrivino terremoti a buttarle giù.
Non so, magari gli scienziati potrebbero rispondere alla domanda chiave, che tra l’altro non è perché avvengono i terremoti, ma perché muoiono persone sotto le macerie di edifici che avrebbero dovuto essere costruiti per resistere ai terremoti.
Ma a quanto pare, secondo gli studi oggi di moda, tutto dipende.
Quindi, come ha detto il neo filosofo della scienza, “l’intellettualmente formidabile” (secondo la stampa che l’ha fatto suo), il cittadino senza partito José Antonio Meade Kirubreña, “passeremo a uno schema in cui la domanda non avrà senso”. Vale a dire, non chiederemo chi sono i responsabili, per commissione o per omissione, del fatto che questi edifici siano crollati e siano morte centinaia di persone. No, quel che chiederemo è perché c’è stato il terremoto. Ci limiteremo a questo, seguendo sempre questo intellettuale organico postmoderno, con un’altra domanda: Perché ci sono i terremoti o i sismi, o come si dice quando la terra abbandona la sua rassegnazione apparente e si muove?
No, se sperate in una spiegazione scientifica, state aspettando in vano. Le spiegazioni valide sono quelle che hanno più followers, ascoltatori, simpatizzanti e militanti. È da tempo ormai che la scienza perde ogni concorso di popolarità.
Quindi dipende dallo schema in cui sono date le spiegazioni.
Prendiamone una, quella del signor Alberto Villasana, che si autodefinisce, con modestia esemplare, “Teologo cattolico, Filosofo, Analista internazionale. Esperto di relazioni Chiesa-Stato. Autore di 12 libri. 3 volte Premio Nazionale di Giornalismo”, il che spiegherebbe, di fronte alla fede, i suoi 15,6 mila seguaci su twitter.
Non ridete, questo numero supera di gran lunga quello degli assistenti, partecipanti e presenti a questo incontro.
Riguardo al terremoto del 19 settembre 2017, l’illustre e illustrato Villasana ha scritto: “Questo è senza dubbio un avvertimento di Dio, una grazia molto speciale per il Messico, per prepararci a tutto quel che verrà…”.
Come l’ha saputo? Beh, pare che Villasana assicura che, al momento del terremoto, stavano celebrando un esorcismo a qualcuno posseduto da 4 demoni. “Durante l’esorcismo, gli infestanti hanno dichiarato che il terremoto del 19 settembre fa parte degli avvertimenti di Dio prima del grande castigo”, ha pubblicato nel suo articolo. Oltre ai terremoti, ci saranno uragani ed eruzioni vulcaniche. Secondo il teologo, questi castighi sarebbero “per aver approvato l’aborto nella stessa città in cui la Madre di Dio apparse nel 1531”. Secondo gli argomenti di Villasana, il sisma sarebbe un avvertimento per i messicani. Sul suo conto di Twitter, ha pubblicato l’immagine delle macerie del monumento alla Vergine: “Il collasso del monumento alla madre è significativo: proprio nella città dove è stato approvato l’aborto”.
Malgrado la sua sapienza indiscutibile, Villasana non è molto originale. A novembre 2016, i giornali italiani hanno segnalato che il sacerdote Giovanni Cavalcoli, conosciuto per la sua carriera da teologo, ha fatto le seguenti dichiarazioni la domenica del 30 ottobre, lo stesso giorno che un sisma di magnitudo 6,5 ha scosso la regione centrale dell’Umbria: la scosse sismiche sono un “castigo divino per l’offesa alla famiglia e alla dignità del matrimonio, soprattutto per colpa delle unioni civili omosessuali”.
Lo schema da cui dipende questa spiegazione, ha numerosi seguaci.
Giusto un paio di settimane fa, a dicembre di quest’anno, il cardinale emerito Juan Sandoval Iñíguez ha responsabilizzato le donne e loas otroas della violenza del crimine organizzato, dei terremoti e delle inondazioni.
Come tribuna per fornire questa spiegazione così scientifica, Sandoval Iñíguez ha convocato un certo “Grande Atto di Espiazione” che, per quel che ho capito, è tipo un incontro delle IncoScienze per la Deità, ma con più potere di convocatoria di questo a cui partecipiamo. L’evento si è svolto nello Stadio Azzurro, a Città del Messico che, tra l’altro, è ubicato meglio del CIDECI.
Tanto per cambiare, anche lì c’erano degli incappucciati. A differenza di chi ci convoca, però, che si dedicano a parlare male del capitalismo, gli incappucciati di Sandoval Iñíguez si sono flagellati a sangue. Quelle sì che sono frustate, non come quelle che si accumulano sulle reti sociali.
Tra una frustata e l’altra, ma facendo attenzione che non schizzasse sangue, il cardinale emerito ha dichiarato che il diritto di decidere e la diversità sessuale sono peccati, e che la violenza del narcotraffico e i terremoti sono il castigo per questi peccati: “Signore e nostro Dio, prima che arrivi un castigo più grande, ci mandi dei castighi provvisori o delle correzioni paterne tramite la natura che è la tua opera ed è governata dalla tua provvidenza. Saranno una casualità due 19 settembre in questa città?
L’evento “Grande Atto di Espiazione” è stato convocato da una specie di associazione che potrebbe anche essere chiamata “È giunta l’ora che marciscano le peccatrici e i peccatori”. Che sarebbe il contrario di quel che dicono coloro che sostengono il Consiglio Indigeno di Governo e la sua portavoce.
Ho letto da qualche parte che, tra quelli che l’hanno convocato, ci sono “personaggi pubblici” come Esteban Arce, Manuel Capetillo e Alejandra Rojas. Non ho idea di quanto siano veramente pubbliche queste persone, so solo che la signora madre di Esteban Arce dev’essere ricordata da tutta la comunità otroas.
Nell’atto, che ora sappiamo non era per esorcizzare la squadra di calcio che ha questo stadio come sede (non c’è modo, “ogni croce azzurra del passato è stata meglio”), il neoscienziato Sandoval Inníguez ha proclamato: “Questo è un atto di espiazione, in cui veniamo a confessare le nostre colpe, a riconoscere i nostri peccati di fronte al Signore e a chiedergli misericordia e perdono. Veniamo a dirgli: Signore, abbiamo peccato contro di te e commesso il male che aborrisci; perdona il tuo popolo e dacci il castigo che meritiamo. Abbiamo peccato contro di te con il crimine più tremendo, più grave e più crudele, quello dell’aborto praticato in lungo e in largo nella nostra patria, a volte persino con il consenso di leggi ingiuste, a volte in modo occulto, furtivo, ma sempre con crudeltà, deliberatezza e vantaggio contro l’innocente, l’indifeso.”
Secondo rapporti della stampa, molto vicino a dove si frustavano le “fratellanze di penitenti crocifissi e flagellanti di Taxco” (così si autodefiniscono), venivano raccolte le firme per sostenere l’espansionista Margarita Zavala e il suo progetto di candidatura indipendente alla presidenza della repubblica.
Contro corrente, con uno schema diverso rispetto alle recenti disgrazie, Papa Francesco ha annunciato: “Penso che il Diavolo castiga con rabbia il Messico perché non gli perdona che lei (indicando un’immagine della Vergine di Guadalupe) abbia mostrato lì suo figlio. È una interpretazione personale. Cioè, il Messico è privilegiato nel martirio per aver riconosciuto e difeso sua madre.”
Ecco dunque il castigo divino o il castigo diabolico. Scegliete voi il vostro criterio di spiegazione di questa realtà.
“Sono solo opinioni”, direte voi o gli influencers più vicini alla vostra lunghezza d’onda.
Ok, ok, ok. Ma il problema è che le decisioni vengono prese in base a queste opzioni: c’è chi chiede il perdono divino o accoglie il dolore come martirio privilegiato… e c’è chi si organizza per chiedere verità e giustizia.
Non vi appesantirò con la croce portata dalla signora Margarita Ester Zavala Gómez del Campo de Calderón (quella che in modo irrispettoso e lontano da ogni correttezza politica gli zapatisti chiamano “la Calderona” e da cui io, che mi sono sempre distinto per la mia buona educazione e per essere politicamente corretto, mi allontano).
E chiarisco che è “Gómez del Campo” per ricordarvi l’assassinio dei bambini dell’Asilo nido ABC, avvenuto il 5 giugno 2009 nello stato di Sonora, ordinato, tra gli altri, da Marcia Matilde Altagracia Gómez del Campo Tonella, esonerata in quanto parente della Calderona. La memoria di questo crimine non si spegne, grazie al fatto che i loro famigliari continuano ad esigere verità e giustizia.
E la chiamo “de Calderón” perché chiamarla con il suo cognome da nubile equivarrebbe a dire che vive in concubinato con lo psicopatico. E, per quanto mi permettano i miei studi limitati di diritto canonico, il concubinato è un peccato. Ergo, questo causerebbe altri terremoti per castigarci per colpa di quelli che firmano per sostenere la sua candidatura.
Farò invece un breve riferimento al principale sabotatore della sua carriera politica, (il suo concubino, se diamo retta a chi si infuria per il fatto che è stata scelta per via del suo cognome secondo le leggi cattoliche, apostoliche e romane), Felipe Calderón Hinojosa.
Il signor Calderón Hinojosa, 10 anni fa, era titolare del potere esecutivo federale in Messico. “Presidente” mi pare lo chiamassero. Beh, 10 anni fa, in occasione delle inondazioni che distrussero lo stato del Tabasco, l’allora comando supremo dell’esercito, della forza aerea e marittima, dichiarò che la responsabilità del fatto che più di 125 mila persone avessero perso le proprie case e avessero dovuto rifugiarsi in alberghi era… della luna e di un fronte freddo.
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Il Partito d’Azione Nazionale compete con il Partito Rivoluzionario Istituzionale, non solo per quanto risultino ridicoli i suoi pre-candidati. No, il Partito d’Azione Nazionale, ora con una zavorra chiamata Partito della Rivoluzione Democratica, compete anche lui con il PRI per la complicità nel crimine.
Se notate nello sguardo di Ricardo Anaya, pre-candidato del PAN-PRD-MC, un luccichio demente, non attribuitelo a un potenziale problema nella zona del cervello responsabile della decenza (ammesso che esista chiaramente). È il prodotto di una formazione partitica di quattro dirigenti. Ricardo Anaya fa parte di quella generazione di quadri partitici che sono cresciuti in mezzo alla corruzione, al cinismo, al tradimento, al fanatismo, all’intolleranza, alla superbia, al nepotismo, all’ignoranza, al cretinismo… ok, credo che sto descrivendo più di un pre-candidato, ma adesso faccio riferimento a quello dell’alleanza tra il PAN, il PRD e MC chiamata “Per il Messico, al fronte”… va beh, al fronte c’è un abisso. Vedete voi.
Oltre ad Acteal e Ayotzinapa, un altro nome ci riporta al crimine impune: l’Asilo nido ABC, a Hermosillo, Sonora, Messico.
Durante il sessennio di quel considerevole pensatore chiamato Vicente Fox, il PRI, il PAN e il PRD si sono alleati per il crimine chiamato “Atenco”, nel maggio 2016, che vide, altre all’assassinio, l’aggressione sessuale di varie donne.
Tutto pare dunque indicare che il grande elettore, a cui sicuramente non serve l’Istituto Nazionale Elettorale, chiede prove di criminalità per decidersi. Sul suo altare, queste proposte partitiche offrono il sangue delle donne, dei bambini, dei giovani, degli anziani… e di otroas.
Per confermarlo, proposte politiche dalla destra più rancida arrivano ai vari impieghi da sicari che il sistema politico mondiale promette periodicamente.
Nonostante ci siano esempi in Argentina, Cile, Brasile, Regno Unito, lo Stato Spagnolo, Israele, Honduras, Nicaragua, Russia e aggiungete voi la geografia che volete, ce n’è uno che sintetizza la fatidica era che verrà: Ronaldo Trump.
Oltre alla sua innegabile abilità e capacità di gestire il suo conto di Twitter, Ronaldo Trump ha definito con una chiarezza diafana la vittima da immolare: le donne, otroas, bambine, migranti, l’ambiente, e potrei continuare a dare dettagli specifici ma, alla fine, arriverete alla mia stessa conclusione: la vittima è il pianeta intero, inclusa l’umanità che lo abita.
Nonostante Ronaldo Trump abbia dimostrato di avere seri problemi mentali, ha risolto l’equazione basica che ogni governante deve affrontare: cosa devo fare per continuare a detenere il potere? Occam gli è stato utile e ha optato per la risposta più semplice: una guerra.
Per ottenere una guerra propone muri, spostamenti di ambasciate, provoca incidenti diplomatici, supplicando e implorando: “vi prego, datemi una guerra! Ovunque sia, non importa. E più grande è, meglio è.” Quindi, tornando indietro di qualche secolo, Ronaldo Trump prende la lira di Nerone e canta: “Non vogliamo scontrarci, ma per Jingo, se lo facciamo, abbiamo navi, uomini e anche soldi.”
Sì, una guerra. O un crimine, dipende.
Una guerra o un crimine, una disgrazia mai vista prima nella storia dell’umanità.
Come se il mondo così come lo conosciamo crollasse.
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Visto che abbiamo fatto riferimento ai videogiochi, immaginiamo di avere il sogno di qualunque video-dipendente: un’interfaccia cibernetica che ci permetta, simultaneamente, di avere la prospettiva strategica, la tattica e quella in prima persona. Tipo una combinazione della strategia in tempo reale, il role playing, la prima persona o first person shooter, e l’altra che non so come si chiama, ma che è in terza persona. Insomma, se un giorno vorrete, non dimenticatevi di contribuire economicamente ai diritti d’autore intellettuali.
Ora ammettiamo che siate rinchiusi in una stanza sferica ideale. La superficie interna della sfera, quella che potete vedere, è un grande schermo curvo, con tecnologia %K, omled o come si dice, in cui, simultaneamente e con una velocità vertiginosa, vi vengono presentati dei pacchetti informativi. Non solo immagini, anche suoni, odori, sensazioni tattili e gustative. E anche, per non discriminare gli esoterici, percezioni extrasensoriali.
Voi potete pensare, con un alto grado di certezza, che siete nel mondo reale, che vivete in questo mondo, che nascete, crescete, vi riproducete e, dio non voglia, ma è una situazione ipotetica, morite.
Lì siete felici o infelici. La macchina è talmente efficiente che fornisce persino dei parametri per definire la felicità e l’infelicità. Non solo, offre anche una spiegazione di questo mondo e, se lo desiderate, si un mondo spirituale, una consolazione per il giorno in cui, ho già detto che dio non voglia?, doveste morire.
Quindi state lì, nella macchina che chiameremo, con un prudente calcolo impresariale, “la macchina del gatto-cane” (tutti i diritti riservati).
Si tratta di questo, di simulare di essere vivi (perché la macchina fornisce anche i criteri per distinguere ciò che è “reale” nella macchina dal “virtuale” che la stessa macchina produce per darvi un punto di riferimento).
Beh, ammettiamo che in una temporalità qualunque all’interno della macchina, stiate facendo quel che che in teoria dovreste fare. A un certo punto, non si sa bene da dove, appare una persona che non ha nulla a che vedere. Voi, ovviamente siete persone moderne, comprensive dei limiti tecnologici e attribuite questa irruzione a un’irregolarità nel complicato software della macchina o nel suo complesso hardware. Aspettate pazientemente che l’irregolarità trovi una soluzione, vale a dire che cercate il bottone “reset”, ma la persona è ancora lì e, quando meno ve lo aspettate, dice:
“Un momento, non toccate niente, non uscite. Questa è la scena di un crimine.”
Avete dubbi, non sapete se lamentarvi o mettere nel microonde un pacchetto di popcorn, che magari è un nuovo episodio di “Law and Order, Special Victims Unit” (musica di sottofondo).
Ma qualcosa non torna, perché non è la detective ad apparire, ma un’altra donna. Sì, la macchina le ha dato il modello che indica: “donna”. Ma porta una borsa ricamata, la sua statura è inferiore alla media che la macchina le ha inculcato come “statura media”, la sua carnagione è scura, diciamo del colore della terra. a macchina le dà le informazioni che ha a disposizione: “indigena, o anche autodefinita “originaria”, la sua ubicazione geografica è nella regione centrale del Nord America chiamata Messico, livello di studi scolastici nullo o minimo, accesso a mezzi tecnologici tra 0 e 0,1, monolingue anche se ci sono casi in cui se la cava in due o più lingue, tasso di mortalità molto più alto della media, speranza di vita molto più bassa della media; persistenza culturale, secoli; per la stessa ragione, età indefinita.
Con queste informazioni, iniziate a scrivere il rapporto, ovviamente, mentre vi rimpinzate di popcorn, perché non si può sprecare la salsa Valentina di cui sono ricoperte:
“Gentili programmatori, vi prego di trovare una soluzione a questo problema. Perché non è possibile che uno, una, unoa, stia riempiendo al meglio le funzioni che gli sono state assegnate, e di colpo appaia qualcosa di così premoderno. Sbrigatevi che sta per cominciare la nuova stagione di “A destra, il migliore dei mondi possibili” ed è già iniziata la pubblicità. Firma”
L’irruzione femminile in questione ha il cattivo gusto di cambiare la battuta di moda “vengo dal futuro e…” seguito da qualcosa di ingegnoso. Non preoccupatevi, la macchina dice anche cos’è e cosa non è “ingegnoso”. La donna chiamata originaria ora dice: “vengo dal passato e questo film non è un film e l’ho già visto”. Vi accorgete quindi che la donna non è sola, che ce ne sono altre che le assomigliano, anche se adesso che vi obbligano a guardarle vedete che sono uguali ma diverse. Ci sono anche uomini, maschi insomma. E non manca chi non è né l’una né l’altro.
Senza rispettare la programmazione, questi esseri strani, anacronistici e, non serve dirlo, irriverenti, cominciano ad annusare e c’è persino chi ha tirato fuori, chissà da dove, una lente d’ingrandimento. Siete sul punto d’applaudire, perché pensate che la macchina si sia aggiornata e ora potete produrre una realtà virtuale all’interno della realtà virtuale, ma la donna che adesso la macchina etichetta come “indigena” senza alcuna sfumatura, vi sta studiando in dettaglio. Chiaramente, avete ragione a sentirvi a disagio quando, dopo avervi messo la lente sugli occhi, sentenzia: “Un’altra vittima, che la squadra relatrice prenda appunti”.
“Sì, hanno una squadra relatrice, il che suggerisce un qualche tipo di forma organizzativa non catalogata”, vi dice la macchina, un po’ per essere utile, un po’ per darsi il tempo di correggere la propria programmazione.
Il gruppo di indigene che, vi rendete conto adesso, sono una minoranza ma fanno baccano come se fossero maggioranza, si riunisce per deliberare e, dopo un lasso di tempo che la macchina non sa contabilizzare, né può offrire un parametro di comparazione, decretano:
“Ecco tutto: la vittima, l’assassino, l’arma del delitto e la scena del crimine.”
Quindi vi rendete conto che lo schermo sferico assomiglia più a un muro concavo, e guardate, non senza allarmarvi, una ragazza accompagnata da un essere strano che la macchina è incapace di identificare e quindi lo adatta alla figura di un “gatto-cane; essere mitologico di origine sconosciuta; non c’è nessun dato che conferma la sua esistenza reale, o meglio virtuale, però reale nella macchina, cioè, lei mi capisce vero? Beh, dipende; habitat probabile: le montagne del sud-est messicano”. Cf: “Ci sarà una volta”, edizioni in spagnolo, italiano, inglese, greco, tedesco, portoghese, ect.”
Bene, quello che spaventa è che una ragazza e l’essere catalogato come “gatto-cane” segnalano una crepa nella macchina, o meglio la sfera, o meglio il muro.
Ora avete dei dubbi, una cosa che la macchina ha evitato finora, non sapete se andare a controllare le condizioni di garanzia o correre ad affacciarvi alla crepa.
Perché risulta che la crepa, così come il fatto che possa esistere, interroga non solo la programmazione della macchina, ma la sua stessa esistenza.
La macchina vi collega rapidamente a Wikipedia e lì potete leggere:
“Erwin Schrödinger propone un sistema formato da una scatola chiusa e opaca che contiene un gatto, una bottiglia di gas velenoso e un dispositivo che contiene una singola particella radioattiva con una probabilità del 50% di disintegrarsi in un tempo dato, di modo che se la particella si disintegra, il veleno è sprigionato e il gatto muore. Quando finisce il tempo previsto, la probabilità che il dispositivo si sia attivato e il gatto sia morto è del 50%, e la probabilità che il dispositivo non si sia attivato e quella che il gatto sia vivo hanno lo stesso valore.”
Certo, voi non seguite più la parte sulla meccanica quantistica, perché sentite un leggero tremore percorrervi il corpo.
“Terrore” vi dice la macchina così che possiate identificare questa sensazione. Perché la macchina ha già un’etichetta per quella percezione sensoriale, ma sempre, almeno finora, le era parsa estranea: il terrore era sempre appartenuto all’altro.
Tutte le evidenze, tutte le cose solide che a voi davano certezze, valori, ragione, giudizio, cominciano a dissiparsi.
No si sa se è vivo o morto, c’è un 50% di probabilità dell’uno o dell’altro, e voi rabbrividite, ma non perché siate sul punto di capire la vostra condizione esistenziale, ma perché la domanda che la crepa propone, come dicono, smuove le carte:
“Un altro mondo è possibile?”
“Lo è”, vi risponde la bambina che adesso porta un pallone sotto il braccio e sulla testa ha qualcosa che potrebbe essere un gatto… o un cane.
Chiaramente, siete persone colte e vi applicate da soli “il rasoio di Occam” interpretato come: la spiegazione più semplice è probabilmente la più corretta. Quindi dite a voi stessi, stesse, stessoe: “sto sognando”
Mentre decidete se siete in un sogno o in un incubo, cosa fate? Vi affacciate alla crepa o continuate a fare quello che stavate facendo quando quel rumore irriverente e indomabile è apparso?
Per questo, quello che in principio era un gruppo di indigeni, adesso è un collettivo più ampio: ci sono persone di tutti i colori, c’è chi impugna un martello e sorride complice quando va verso il muro dove, oh oh, sembra che vogliano ingrandire la crepa.
E laggiù c’è chi balla, chi dipinge, chi immagina una cornice per lo scatto, chi scrive frettolosamente, e più di là cantano, e c’è chi sta soppesando un microscopio per vedere se lo gettano contro il muro sferico o se è meglio il bisturi che qualcosa dovrà pur fare alla crepa.
E, aspetta, da dove viene quella marimba?
E già stanno giocando a calcio e la bambina, per non dover spiegare, si è messa un cartellino che dice: “Difesa Zapatista”, e vi chiede come vi chiamate, e voi allora capite che non vi sta chiedendo il vostro nome-nome, ma la vostra posizione per una supposta squadra che non sembra completarsi mai.
E voi sentite che il terrore si è già impossessato di tutto il vostro essere, perché avete intuito che la bambina in realtà vi sta chiedendo:
“E tu?”
Dal CIDECI-UniTierra, Chiapas.
SupGaleano.
Messico, dicembre 2017.
DAL QUADERNO DI APPUNTI DEL GATTO-CANE:
IL MISTERIOSO CASO DELLE MERENDINE SCOMPARSE
Elías Contreras è un compagno zapatista che lavora per la commissione di investigazione, è un detective insomma. O sia che è come una guardia. Elías Contreras è defunto, come il SupMarcos e lavoravano insieme nel cercare il male e il cattivo. Elías ora a volte lavora con il SupMoy, anche se ogni tanto parla con il SupGaleano.
Questa breve sintesi deve servirvi per capire quello che è successo una sera di dicembre al Comando Generale del EZLN, in cui il Subcomandante Insurgente Moisés citó il rinomato Elías Contreras.
“Elías”, ha detto il SupMoy dopo aver risposto al saluto militare della commissione d’investigazione, “c’è un problema”.
Elías Contreras non ha detto niente, solo ha tirato fuori un po’ di cartine e qualche briciola di tabacco e si è messo a fare una sigaretta mentre ascoltava il SupMoy:
“È nel negozio cooperativo della regione. Dicono che manca della merce, che è scomparsa. Mi hanno chiesto se qualcuno può aiutare. Ti offri?”
Elías Contreras fece solo un suono tipo “mmh”, e uscì senza dire una parola.
Il responsabile del negozio salutò Elías con un semplice gesto, stava facendo i conti del mese.
“Cos’è scomparso quindi?”, chiese Elías mentre guardava distratto i DVD in vendita, la maggior parte con l’etichetta de “Los Tercios Compas”.
“Le merendine”, disse il responsabile del negozio senza smettere di fissare il quaderno dei conti che lo facevano soffrire.
“E come sai che mancano?”, chiede Elías mentre controlla il ripiano.
“Perché nessuno le compra, erano sempre lì, inutilmente”
“E se nessuno li compra qual’è il problema?”
“La commissione di vigilanza”, il responsabile sospirò rassegnato, “i conti devono essere esatti, se no bisogna mettere i soldi o c’è la punizione”
Elías Contreras sbuffò e s’inchinò per raccogliere alcuni pezzi di tabacco nero ai piedi del balcone.
Se ne andò.
“Sup”, disse quando era già sulla porta della baracca del SupGaleano.
“Elías”, rispose il Sup senza sollevare lo sguardo dallo schermo connesso a un vecchio computer portatile.
“È fottuto”, voleva chiarire il Sup, “lo schermo si è rotto, ma il processore e il resto funzionano, quindi l’ho connesso a questo monitor. Gli ho appena collegato la tastiera, ma il mouse non lo trovo.”
Girò sulla sua sedia con le ruote, e guardò Elías.
“Le merendine”, disse quello della commissione d’investigazione.
“Non ce ne sono più”, disse il Sup, “se le sono mangiate Defensa Zapatista e il suo cane… o gatto… o qualunque cosa sia”.
“Però ho un po’ di pane di pinoli che hanno fatto gli insorgenti. Come so che l’hanno fatto gli insorgenti? Perché è lievitato, quando lo fanno le insorgente rimane piatto.”
Elías si fece una sigaretta e passò al Sup i fiammiferi per la pipa.
“E quindi?”, chiese il SupGaleano dopo aver aspettato che Elías Contreras si accendesse la sigaretta.
“E quindi ti faranno fare i conti del responsabile del negozio. Ovviamente, oltre a metterci i soldi. Ma non sono venuto per quello. C’è un pensiero di cui ti vorrei parlare…”
Qualche ora dopo, Elías Contreras, della commissione d’investigazione del EZLN, uscì della baracca del SupGaleano e si fermò un momento per ammirare la serata ormai consumata e le ombre della notte.
Con l’accendino illuminò il cammino fino al comando generale dell’EZLN. E ormai sulla porta, senza entrare, salutò e disse: “Il Sup, delle merendine”
Il SupMoy sorrise e disse tra sé: “Bene, qualcuno doveva fare quei conti”.
Durante l’assemblea generale al SupGaleano no gli è andata così male, ma neanche bene. Dopo averlo “aurocriticato” per mangiare dolci e non essersi alimentato come si deve (gli hanno detto che sono meglio le merendine della panetteria del CIDECI), le autorità gli hanno dato la peggior punizione attualmente prevista in quella comunità: fare i conti delle cooperative.
Lasciando l’assemblea, il Sup accese la pipa, mentre andava verso la cooperativa “Come donne che siamo”, si disse: “bene, avrebbe potuto andare peggio, in un’altra epoca mi avrebbero fatto pulire il recinto”.
Fece i conti velocemente, non perché ne sapesse di matematica, ma perché li ha fatti con il cellulare che ha preso “in prestito” dal comando quando il SupMoy lo ha chiamato per sgridarlo. Non era nemmeno un gran cellulare, era uno di quelli di “bassa qualità” che non serviva per raccogliere le firme che l’INE del primo mondo metteva come requisito ad aspiranti candidate del terzo mondo, ma la calcolatrice funzionava per fare addizioni e sottrazioni.
Trovò Elías ai piedi della Ceiba, proprio come d’accordo.
Gli odori di entrambi i loro tabacchi se mescolava con i silenzi. Un dialogo tra defunti, un dialogo sordomuto.
Nessuno dei due ricorda chi chiese: “Quanto tempo?”, ma tutti e due sanno di aver risposto all’unisono: “poco, molto poco”.
In fede:
Il gatto-cane.
Traduzione a cura di 20ZLN
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