Feb152017
I MURI SOPRA, LE CREPE IN BASSO (E A SINISTRA).
I MURI SOPRA,
LE CREPE IN BASSO (E A SINISTRA).
Febbraio 2017
La tormenta sul nostro cammino.
Per noi, popoli originari zapatisti, la tormenta, la guerra, c’è da secoli. Arrivò nelle nostre terre con la menzogna della civilizzazione e della religione dominanti. Allora, la spada e la croce dissanguarono la nostra gente.
Col passare del tempo, la spada si è modernizzata, e la croce è stata detronizzata dalla religione del capitale, ma si è continuato a chiedere il nostro sangue come offerta al nuovo dio: il denaro.
Abbiamo resistito, abbiamo sempre resistito. Le nostre ribellioni sono state soppiantate dalla disputa di uni contro altri per il Potere. Alcuni ed altri, sempre da sopra, ci hanno chiesto di lottare e morire per servirli, da noi hanno voluto obbedienza e sottomissione con la bugia di liberarci. Come quelli ai quali dicevano e dicono di combattere, sono venuti e vengono a comandare. Ci sono state così indipendenze e false rivoluzioni, quelle passate e da venire. Quelli di sopra si sono alternati e si alternano, da allora, per mal governare o per aspirare a farlo. Ed in calendari passati e presenti, la loro proposta continua ad essere la stessa: che noi, ci mettiamo il sangue; mentre loro dirigono o fingono di dirigere.
E allora ed ora, dimenticano coloro che non dimenticano.
E la donna sempre in basso, ieri ed oggi. Incluso nel collettivo che siamo stati e che siamo.
Ma i calendari non hanno portato solo dolore e morte tra i nostri popoli. Espandendo il suo dominio, il Potere ha creato nuove fratellanze nella disgrazia. Abbiamo quindi visto l’operaio e il contadino diventare tutt’uno con il nostro dolore, e giacere sotto le quattro ruote del mortale carrozzone del Capitale.
Come il Potere avanzava nel suo cammino nel tempo, sempre di più cresceva il basso, allargando la base sulla quale il Potere è Potere. Abbiamo visto allora unirsi maestri, studenti, artigiani, piccoli commercianti, professionisti, gli eccetera con nomi differenti ma identiche pene.
Non è bastato. Il Potere è uno spazio esclusivo, discriminatorio, selezionato. Quindi, anche le differenze sono state perseguite apertamente. Il colore, la razza, il credo, la preferenza sessuale, sono stati espulsi dal paradiso promesso, essendo l’inferno la loro casa permanente.
Sono seguite poi la gioventù, l’infanzia, la vecchiaia. Il Potere ha così trasformato i calendari in materia di persecuzione. Tutto il basso è colpevole: per essere donna, per essere bambin@, per essere giovane, per essere adulto, per essere anzian@, per essere uman@.
Ma, espandendo lo sfruttamento, la predazione, la repressione e la discriminazione, il Potere ha anche ampliato le resistenze… e le ribellioni.
Abbiamo visto allora, ed ora, alzarsi lo sguardo di molte, molti, muchoas. Differenti ma simili nella rabbia e l’insubordinazione.
Il Potere sa che è quello che è, solo su coloro che lavorano. Ha bisogno di loro.
Ad ogni ribellione ha risposto e risponde comprando o ingannando i meno, imprigionando ed assassinando i più. Non teme le loro istanze, è il loro esempio che gli fa orrore.
Non è bastato. Dominando nazioni, il Potere del Capitale ha voluto mettere l’umanità intera sotto il suo pesante giogo.
Neanche questo è stato sufficiente. Il Capitale ora vuole gestire la natura, domarla, addomesticarla, sfruttarla. Cioè, distruggerla.
Sempre con la guerra, nel suo avanzare distruttore, il Capitale, il Potere, ha prima demolito feudi e regni. E sulle loro rovine ha innalzato nazioni.
Poi, ha devastato nazioni, e sulle loro macerie ha eretto il nuovo ordine mondiale: un grande mercato.
Il mondo intero si è trasformato in un immenso magazzino di merci. Tutto si vende e si compra: le acque, i venti, la terra, le piante e gli animali, i governi, la conoscenza, il divertimento, il desiderio, l’amore, l’odio, la gente.
Ma nel grande mercato del Capitale non si scambiano solo merci. La «libertà economica» è solo un miraggio che simula mutuo accordo tra chi vende e chi compra. In realtà, il mercato si basa sulla depredazione e lo sfruttamento. Lo scambio è dunque di impunità. La giustizia si è trasformata in una grottesca caricatura e sulla sua bilancia pesa sempre di più il denaro che la verità. E la stabilità di questa tragedia chiamata Capitalismo dipende dalla repressione ed il disprezzo.
Ma neanche questo è bastato. Dominare nel mondo materiale non è possibile se non si dominano le idee. L’imposizione religiosa si è approfondita ed ha raggiunto le arti e le scienze. Come delle mode, sono nate e nascono filosofie e credenze. Le scienze e le arti hanno smesso di essere ciò che distingue l’umano e si sono collocate su uno scaffale del supermercato mondiale. La conoscenza è diventata proprietà privata, così come la ricreazione ed il piacere.
Il Capitale, così, si è consolidato come un grande tritacarne, usando non più solo l’umanità intera come materia prima per produrre merci, ma anche le conoscenze, le arti,… e la natura.
La distruzione del pianeta, i milioni di profughi, l’auge del crimine, la disoccupazione, la miseria, la debolezza dei governi, le guerre a venire, non sono il prodotto degli eccessi del Capitale, o di una conduzione erronea di un sistema che prometteva ordine, progresso, pace e prosperità.
No, tutte le disgrazie sono l’essenza del sistema. Di queste si alimenta, cresce a loro costo.
La distruzione e la morte sono il combustibile della macchina del Capitale.
E sono stati, sono e saranno inutili gli sforzi per «razionalizzare» il suo funzionamento, per «umanizzarlo». L’irrazionale e l’inumano sono i suoi pezzi chiave. Non c’è aggiustamento possibile. Non c’era prima. Ed ora non si può più nemmeno attenuare il suo passo criminale.
L’unico modo di fermare la macchina è distruggerla.
Nell’attuale guerra mondiale, la contesa è tra il sistema e l’umanità.
Per questo la lotta anticapitalista è la lotta per l’umanità.
Chi ancora vuole «sistemare» o «salvare» il sistema, in realtà ci propone il suicidio di massa, globale, come sacrificio postumo al Potere.
Nel sistema non c’è soluzione.
E non bastano né l’orrore, né la condanna, né la rassegnazione, né la speranza che il peggio è passato e le cose non potranno che migliorare.
No. La cosa certa è che sarà sempre peggio.
Per queste ragioni, più quelle che ognuno aggiunga dai suoi particolari calendari e geografie, bisogna resistere, bisogna ribellarsi, bisogna dire «NO», bisogna lottare, bisogna organizzarsi.
Per questo bisogna sollevare il vento del basso con resistenza e ribellione, con organizzazione.
Solo così potremo sopravvivere. Solo così sarà possibile vivere.
E solo allora, come fu la nostra parola 25 anni fa, potremo vedere che…
«Quando cesserà la tormenta,
quando pioggia e fuoco lasceranno un’altra volta in pace la terra,
il mondo non sarà più il mondo, ma qualcosa di meglio.»
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La guerra e i muri di fuori e di dentro.
Se prima la sofferenza causata dalla guerra era patrimonio esclusivo del basso mondiale, ora diffonde le sue calamità.
In ogni angolo del pianeta, l’odio e il disprezzo distruggono famiglie, comunità intere, nazioni, continenti. Non è più necessario aver commesso un reato o essere un presunto criminale, basta essere sospettato di essere umano.
Provocato dall’avidità del denaro, l’incubo attuale vuole essere pagato da chi lo subisce. Le frontiere non sono più solo linee punteggiate sulle mappe e guardiole doganali, ora sono muraglie di eserciti e poliziotti, di cemento e mattoni, di leggi e persecuzioni. In tutto il mondo di sopra, la caccia all’essere umano si incrementa e si affanna in sporca concorrenza: guadagna chi più espelle, imprigiona, confina, assassina.
Come diciamo da più di 20 anni, la globalizzazione neoliberale non ha portato alla nascita del villaggio globale, ma alla frammentazione e dissoluzione del cosiddetto «Stato-nazione». Chiamammo allora, ed ora, quel processo col nome che lo descrive al meglio: «guerra mondiale» (la quarta, secondo noi).
L’unica cosa che si è mondializzata, è stato il mercato e, con lui, la guerra.
Per chi fa funzionare le macchine e fa nascere la terra, le frontiere hanno continuato ad essere e sono quello che sono sempre state: prigioni.
Allora, la nostra affermazione, due decenni fa, provocò i sorrisi ironici dell’intellighenzia internazionale incatenata a dogmi vecchi e caduchi. Ed oggi quegli stessi balbettano davanti ad una realtà frenetica e, o suggeriscono vecchie ricette, o si adattano all’idea di moda che, dietro una complessa elaborazione teorica, nasconde l’unica cosa vera: non hanno la più remota idea di quello che sta succedendo, né di quello che seguirà, né di quello che ha preceduto l’incubo attuale.
Si lamentano. Il pensiero di sopra gli aveva promesso un mondo senza frontiere, ed il risultato è un pianeta colmo di trincee scioviniste.
Il mondo non si è trasformato in una gigantesca megalopoli senza frontiere, ma in un grande mare scosso da una tempesta che non ha precedenti di uguale grandezza. In esso, milioni di profughi (che i media vergognosamente unificano con il nome di «migranti») naufragano su piccole barche, nella speranza di essere riscattati dal gigantesco vascello del grande Capitale.
Ma non solo non lo farà; lui, il grande Capitale, è il principale responsabile della tormenta che ormai minaccia l’esistenza dell’umanità intera.
Con la turpe maschera del nazionalismo fascista, tornano i tempi dell’oscurantismo più retrogrado che reclama privilegi ed attenzioni. Stanco di governare dalle ombre, il grande Capitale smonta le bugie della «cittadinanza» e della «uguaglianza» di fronte alla legge ed al mercato.
La bandiera di «libertà, uguaglianza e fraternità» con cui il capitalismo vestì il suo passaggio a sistema dominante nel mondo, è ormai solo uno straccio sporco e gettato nella spazzatura della storia di sopra.
Alla fine il sistema si scopre e mostra il suo vero volto e vocazione. «Guerra sempre, guerra ovunque», recita l’emblema della superba nave che naviga in un mare di sangue e merda. È il denaro e non l’intelligenza artificiale quella che combatte l’umanità nella battaglia decisiva: quella della sopravvivenza.
Nessuno è in salvo. Né l’ingenuo capitalista nazionale che sognava la prosperità che i mercati mondiali aperti gli offrivano, né la classe media conservatrice che sopravvive tra il sogno di essere potente e la realtà di essere il gregge del pastore di turno.
Senza parlare della classe lavoratrice della campagna e della città, in condizioni ancora più difficili se ancora fosse possibile.
E, per completare l’immagine apocalittica, milioni di profughi e migranti che si accalcano alle frontiere che, all’improvviso, sono diventate reali come i muri che, ad ogni passo, interpongono governi e criminali. Nella geografia mondiale dei mezzi di comunicazione e delle reti sociali, i profughi, fantasmi erranti senza nome né volto, sono solo un numero statistico che muta la loro ubicazione.
Il calendario? Appena un giorno dopo la promessa della fine della storia, della solenne dichiarazione della supremazia di un sistema che avrebbe concesso benessere a chi lavorava, della vittoria sul «nemico comunista» che voleva coartare la libertà, imporre dittature e generare povertà, della promessa eternità che annullava tutte le genealogie. Lo stesso calendario che solo ieri annunciava che la storia mondiale era appena cominciata. Ma risulta che tutto questo non era altro che il preludio al più spaventoso incubo.
Il capitalismo come sistema mondiale collassa e, disperati, i grandi capitani non sanno dove andare. Per questo ripiegano nelle loro tane di origine.
Offrono l’impossibile: la salvazione locale contro la catastrofe mondiale. E la scemenza si vende bene tra una classe media che economicamente si fonde con quelli in basso, ma pretende di supplire alle sue carenze economiche con legittimazioni di razza, credo, colore e sesso. La salvazione di sopra è anglosassone, bianca, credente e maschile.
Ed ora coloro che vivevano delle briciole che cadevano dai tavoli dei grandi capitali, sono disperati poiché i muri si alzano anche contro di loro. E, per colmo, pretendono di essere alla testa dell’opposizione a questa politica guerriera. Così, tra la destra intellettuale vediamo fare gesti di contrarietà e tentare timide e ridicole proteste. Perché la globalizzazione non è stata il trionfo della libertà. È stata ed è la tappa attuale della tirannia e della schiavitù.
Le Nazioni non lo sono più, benché i loro rispettivi governi ancora non se ne siano accorti. Le loro bandiere ed emblemi nazionali sventolano logori e scoloriti. Distrutti dalla globalizzazione di sopra, malati dal parassita del Capitale e con la corruzione come unico segno di identità, con ridicolo affanno i governi nazionali vogliono proteggere se stessi e tentare la ricostruzione impossibile di quello che una volta sono stati.
Nel compartimento stagno delle sue muraglie e dogane, il sistema droga la mediocrità sociale con l’oppio di un nazionalismo reazionario e nostalgico, con la xenofobia, il razzismo, il sessismo e l’omofobia come piano di salvazione.
Le frontiere si moltiplicano dentro ogni territorio, non solo quelle che disegnano le mappe. Anche e, soprattutto, quelle che innalzano la corruzione ed il crimine fatto governo.
La prosperità postmoderna non era altro che un palloncino gonfiato dal capitale finanziario. Ed è arrivata la realtà a farlo scoppiare: milioni di profughi dalla gran guerra riempiono le terre e le acque, si ammucchiano alle dogane e continuano a fare crepe nei muri fatti e da fare. Animati prima dal gran Capitale, i fondamentalismi trovano terreno fertile per le loro proposte di unificazione: «dal terrore nascerà un solo pensiero, il nostro». Dopo essere stata alimentata con i dollari, la bestia del terrorismo minaccia la casa del suo creatore.
E, sia nell’Unione Americana, che in Europa Occidentale o nella Russia neo zarista, la bestia si contorce e cerca di proteggere se stessa. Innalza lì (e non solo lì) la stupidità e l’ignoranza più grossolane e, nelle sue figure di governo, sintetizza la sua proposta: «torniamo al passato».
No, l’America non tornerà ad essere di nuovo grande. Mai più. Né l’intero sistema nel suo insieme. Non importa che cosa facciano quelli di sopra. Il sistema è arrivato ormai al punto di non ritorno.
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Contro il Capitale ed i suoi muri: tutte le crepe.
L’offensiva internazionale del Capitale contro le differenze razziali e nazionali, che promuove la costruzione di muri culturali, giuridici e di cemento e acciaio, vuole restringere ancora di più il pianeta. Vogliono creare così un mondo dove ci stiano solo quelli che sopra sono uguali tra loro.
Suonerà ridicolo, ma è così: per affrontare la tormenta il sistema non vuole costruire tetti per ripararsi, ma muri dietro i quali nascondersi.
Questa nuova tappa della guerra del Capitale contro l’Umanità deve essere affrontata con resistenza e ribellione organizzate, ma anche con la solidarietà e l’appoggio verso chi vede attaccate le proprie vite, libertà e beni.
Per questo:
Considerando che il sistema è incapace di frenare la distruzione.
Considerando che, in basso e a sinistra, non ci deve essere posto per il conformismo e la rassegnazione.
Considerando che è il momento di organizzarsi per lottare ed è tempo di dire «NO» all’incubo che ci impongono da sopra.
LA COMMISSIONE SEXTA DELL’EZLN E LE BASI DI APPOGGIO ZAPATISTE CONVOCANO:
I.- La campagna mondiale:
Di fronte ai muri del Capitale:
la resistenza, la ribellione, la solidarietà e l’appoggio dal basso e a sinistra.
Con l’obiettivo di chiamare all’organizzazione e alla resistenza mondiale di fronte all’aggressività dei grandi capitali e dei loro rispettivi capoccia sul pianeta, che ormai terrorizzano milioni di persone in tutto il mondo:
Invitiamo ad organizzarsi con autonomia, a resistere e ribellarsi contro le persecuzioni, detenzioni e deportazioni. Se qualcuno se ne deve andare, che siano loro, quelli di sopra. Ogni essere umano ha diritto ad un’esistenza libera e degna nel luogo che ritiene migliore, ed ha il diritto di lottare per restarci. La resistenza alle detenzioni, sgomberi ed espulsioni sono un dovere, come un dovere è appoggiare chi si ribella contro questi arbitri SENZA CHE IMPORTINO LE FRONTIERE.
Bisogna far sapere a tutta quella gente che non è sola, che il suo dolore e la sua rabbia è visibile anche a distanza, che la sua resistenza non è solo benvenuta, ma è anche appoggiata anche se con le nostre piccole possibilità.
Bisogna organizzarsi. Bisogna resistere. Bisogna dire «NO» alle persecuzioni, alle espulsioni, alle prigioni, ai muri, alle frontiere. E bisogna dire «NO» ai malgoverni nazionali che sono stati e sono complici di questa politica di terrore, distruzione e morte. Da sopra non verranno le soluzioni, perché lì sono nati i problemi.
Per questo sollecitiamo la Sexta nel suo insieme ad organizzarsi, secondo il suo tempo, modo e geografia, per appoggiare anche con attività, chi resiste e si ribella contro le espulsioni. Sia sostenendoli affinché ritornino alle proprie case, sia creando «santuari» o appoggiando quelli già esistenti, sia con consulenze ed aiuti legali, sia con soldi, sia con le arti e le scienze, sia con festival e mobilitazioni, sia con boicottaggi commerciali e mediatici, sia nello spazio cibernetico, sia dove sia e come sia. In tutti gli spazi dove ci muoviamo, è nostro dovere appoggiare e solidarizzare.
È arrivato il momento di creare comitati di solidarietà con l’umanità criminalizzata e perseguitata. Oggi, più che mai prima, la loro casa è anche la nostra casa.
Come zapatisti, la nostra forza è piccola e, benché il nostro calendario sia ampio e profondo, la nostra geografia è limitata.
Per questo e per appoggiare chi resiste alle detenzioni e deportazioni, da molte settimane la Commissione Sexta dell’EZLN ha avviato contatti con singol@, gruppi, collettivi ed organizzazioni aderenti alla Sexta nel mondo, per vedere il modo di fargli arrivare un piccolo aiuto in modo che gli possa servire come base per lanciare o continuare ogni forma di attività ed azioni a favore de@ perseguitat@.
Per iniziare, invieremo loro le opere artistiche create dalle/dagli indigeni zapatisti per il CompArte dell’anno scorso, così come caffè organico prodotto dalle comunità indigene zapatiste nelle montagne del sudest messicano, affinché, con la loro vendita, realizzino attività artistiche e culturali per concretizzare l’appoggio e la solidarietà con i migranti ed i profughi che, in tutto il mondo, vedono minacciate la loro vita, libertà e beni a causa delle campagne xenofobe promosse dai governi e dall’ultra destra nel mondo.
Questo per il momento. Continueremo ad ideare nuove forme di appoggio e solidarietà. Noi, donne, uomini, bambini ed anziani zapatisti non li lasceremo soli.
II.- Invitiamo inoltre tutta la Sexta e chi sia interessato, al seminario di riflessione critica «I MURI DEL CAPITALE, LE CREPE DELLA SINISTRA» che si terrà dal 12 al 15 aprile 2017 nelle installazioni del CIDECI-UniTierra, San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, Messico. Partecipano:
Don Pablo González Casanova.
María de Jesús Patricio Martínez (CNI).
Paulina Fernández C.
Alicia Castellanos.
Magdalena Gómez.
Gilberto López y Rivas.
Luis Hernández Navarro.
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Carlos Aguirre Rojas.
Arturo Anguiano.
Sergio Rodríguez Lascano.
Christian Chávez (CNI).
Carlos González (CNI).
Comisión Sexta del EZLN.
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Prossimamente forniremo ulteriori dettagli.
III.- Invitiamo tutt@ gli artisti alla seconda edizione del «CompArte per l’Umanità» dal tema: «Contro il Capitale ed i suoi muri: tutte le arti», da tenersi in tutto il mondo e nello spazio cibernetico. La parte «reale» sarà dal 23 al 29 luglio 2017 nel caracol di Oventik ed il CIDECI-UniTierra. L’edizione virtuale sarà dal 1 al 12 agosto 2017 nella rete. Prossimamente forniremo ulteriori dettagli.
IV.- Vi chiediamo anche di prestare attenzione alle attività alle quali convocherà il Congresso Nazionale Indigeno, come parte del proprio processo di formazione del Consiglio Indigeno di Governo.
V.- Invitiamo le/gli scienziat@ del mondo alla seconda edizione del «CoScienze per l’Umanità» dal tema: «Le scienze di fronte al muro». Da tenersi dal 26 al 30 dicembre 2017 nel CIDECI-UniTierra, San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, Messico, e nello spazio cibernetico Prossimamente forniremo ulteriori dettagli
Non è tutto. Bisogna resistere, bisogna ribellarsi, bisogna lottare, bisogna organizzarsi.
Dalle montagne del Sudest Messicano.
Subcomandante Insurgente Moisés. Subcomandante Insurgente Galeano.
Messico, 14 febbraio (anche il giorno de@ nostr@ mort@) 2017
Traduzione “Maribel” – Bergamo
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