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Palabra del Ejército Zapatista de Liberación Nacional

May102015

Parole del Subcomandante Insurgente Moisés (4 maggio 2015)

Parole del Subcomandante Insurgente Moisés (4 maggio 2015)
Buon pomeriggio compagni, compagne.
Quello di cui vi parlerlò, non lo leggerò, ma vi parlerò, riguarda come era e come è l’economia nelle comunità, quindi del capitalismo. Vi parlerò di 30 anni fa e di 20 anni fa e di qualche anno fa. Ve ne parlerò in tre parti: come vivevano le comunità 30 anni fa; come vivono ora quelle che non sono organizzate come zapatisti e poi come viviamo noi zapatista adesso.
Non vuol dire che non sappiamo niente dei secoli passati, lo sappiamo. Quello che vogliamo è marcare questi 30 anni, dal 1983, quando il gruppo di compagni arriva qui, da allora sono passati 30 anni.
Quando ancora non c’era l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, per il sistema capitalista noi indigeni del Chiapas semplicemente non esistevamo, non eravamo persone, nemmeno esseri umani. Per loro non servivamo neppure come spazzatura. E così per gli altri fratelli indigeni nel resto del nostro paese. E così immaginiamo fosse anche in tutti i paesi dove c’erano indigeni.
Sulle montagne, nelle valli, dove loro vivevano, venivavano tenuti come nelle riserve. Non sapevano se ci fossero indigeni, come la chiamano, nella Biosfera dei Montes Azules. Quindi nessuno teneva il conto del numero di bambini che nascevano. Cioè, il capitalismo non sapeva niente, non teneva il conto perché per lui non esistevamo.
 
Dunque, come abbiamo fatto a sopravvivere? Grazie alla madre terra. La madre terra ci ha dato la vita, anche senza governo, governatori o presidenti che si ricordino di noi. Eravamo dimenticati. Nei nostri villaggi, sulle terre migliori, con qualche uomo e qualche donna, c’erano i proprietari terrieri, i finqueros, i latifondisti.
Loro sì che avevano migliaia di ettari di terre buone, buona acqua, buoni fiume. Per questo ci hanno cacciato sulle montagne, perché per loro le montagne non sono utili, non danno niente, e lì hanno gettato noi.
A cosa gli servono quelle migliaia e migliaia di ettari di buone terre? È per avere migliaia e migliaia di capi di bestiame, mucche. Come hanno potuto restare lì per così tanti anni? Perché avevano buoni pistoleros che noi chiamiamo guardias blancas che non ci lasciavano passare sui loro terreni, sulla terra che dicevano che era loro.
Quindi, come possiamo parlare di economia nelle comunità se eravamo lì dimenticati. L’unica cosa che facevano era sfruttare nelle loro proprietà il lavoro dei nostri nonni e bisnonni. Allora, abbiamo dovuto inventare, abbiamo dovuto immaginare come vivere, come sopravvivere nella nostra madre terra, resistendo a tutte le malvagità del proprietario terriero o del latifondista.
Non c’erano strade, non si sapeva nemmeno di nome cosa fossero cliniche od ospedali, tanto meno le scuole. Non c’erano campagne di salute, non c’erano programmi di aiuti, non c’erano borse di studio, non c’era niente, eravamo dimenticati.
Parlo di tutti i fratelli ed i compagni con i quali ora siamo organizzati, non parlo per me solo, dell’economia capitalista di 20 anni nelle comunità, come iniziarono ad interessarsi alle comunità, non tanto alle comunità stesse, ma a dove vivevano, dove viviamo, e dove molti fratelli e compagni sono morti.
Ma non gli bastava avere le migliori terre. Ora si accorgono che anche nelle montagne c’è un’altra merce molto redditizia per loro, come si è detto molte volte qui, che sono le risorse naturali. Allora si organizzano per tornare a cacciarci anche da lì. Cioè fanno depredazioni, sgomberi, perché vogliono quella ricchezza.
E quella ricchezza sta lì perché come noi coi nostri trisavoli l’abbiamo presevata, ma i capitalisti se la vogliono prendere ed in pochi anni distruggeranno quello che era lì da milioni di anni nella nostra madre terra.
Com’è potuo avvenire? Lo sapete, vi ricordo solo quale fu il trucco, la trappola del sistema capitalista, quando modificarono l’articolo 27 [della Costituzione – n.d.t.] affinché si potessero privatizzare gli ejidos, ed ora vogliono che la madre terra si possa vendere o affittare.
Vi devo chiedere di fare un eesercizio di immaginazione perché stiamo parlando di 20 anni fa, cioè quando siamo venuti fuori pubblicamente.
Allora il governo si accorse di noi e, mascherato in varie maniere, il malgoverno dice che sta soddisfando le nostre richeste e comincia a costruire strade, ma non è per risolvere le nostre domande, ma per andare incontro all’articolo 27 che privatizza gli ejidos. Allora, si accorge che ci siamo ribellati e ne approfitta dicendo che sta compiendo le richieste, costruisce strade, distribuisce progetti di sostegno; ed i progetti sono roba di un milione o due milioni di pesos, e sono cento, duecento, trecento progetti, da lì tirano fuori quel miserabile denaro che neanche arriva nelle comunità, ma resta tutto ai malgoverni; ma quello è ciò che annunciano, quello che ci dicono.
Se vi raccontassi tutto quello che dicono i compas ed i fratelli! Raccontano che ci sono perfino progetti che si chiamano «pececito«, ma vai a sapere che cosa diavolo vuol dire pececito. (…)
Ed iniziano ad esserci alcune scuole, qualche clinica. Gli alunni non sanno nemmeno leggere e gli danno la borsa di studio. E riguardo alle cliniche dicono che danno l’assicurazione popolare affinché con quella credenziale sei ben assistito, ma nel momento che hai bisogno di assistenza, vai alla clinica e ti dicono che non c’è il medico o la dottoressa, e ci sono le medicine, ma sono scadute. Ma siccome non sappiamo leggere, il dottore, dottoressa, ti dà la medicina scaduta, o ti dicono di prendere qualcosa che però non cura la tua malattia. La barzelletta è che ti danno una medicina che non si sa nemmeno se serve per la tua malattia.
Quindi hanno distribuito molti progetti e tutte quelle cose di cui vi ho parlato, e così sono trascorsi gli anni. Una delle cose che hanno fatto con tutti quei progetti del malgoverno, è stato distribuire un po’ di denaro ma esercitare il controllo; è proprio per controllare che il malgoverno fa questo, per infiltrarsi tra gli zapatisti. Si chiama credo campagna di contrainsurgencia o guerra di bassa intensità, non so come si chiami esattamente, ma questo è il controllo per farti smettere di lottare, per comprarti. Inoltre se vuoi andare con gli zapatisti, ti dicono: guarda il mio esercito, è molto più preparato, vai solo verso la morte. Dunque, questa è tutta una campagna controllarli.
Vi sto raccontando questo perché ora, in quelle comunità che hanno permesso di privatizzare i loro ejidos, perché c’è chi ha accettato di farlo, possiamo dire che vivono come nelle città, dove ci sono vagabondi, gente per strada che non ha casa, drogati e cose così. Uguale è ormai nelle comunità che hanno venduto la loro terra, hanno ricevuto i loro bei documenti di proprietà, sono diventati racheros, piccoli proprietari, allora hanno venduto quello che già era loro e sono rimasti per strada, non hanno più dove seminare il mais e i fagioli.
Altri, quelli che hanno accettato i progetti di vario tipo, stanno pagando gli interessi al capitalismo. Nel caracol della Realidad c’è una comunità che si chiama Agua Perla, dove scorre il fiume Jataté. In quel villaggio hanno accettato i progetti, ora è arrivato un gruppo di, come li chiamiamo, caxlanes, meticci, che gli dicono: sapete una cosa, signori, qui c’è quello che dovete pagare; quella terra non è più vostra, e se non volete problemi, andate ad Escárcega – cioè in Campeche, credo che Escárcega sia in Campeche – o andatevene in Oaxaca – dove il governo del Chiapas e quello di Oaxaca si stanno combattendo per i confini de Las Chimalapas -.
E’ lì che stanno dicendo di andare a quelle comunità legate ai partiti, perchè una volta erano i priisti a fregarti, ed ora ti fregano tutti i partiti.
Un’altra comunità a Roberto Barrios, si chiama Chulum Juárez, ha accettato progetti. Hanno offerto una strada e la comunità ha accettato. Sono arrivati ed hanno fatto una bella strada asfaltata. Dopo la strada hanno ricevuto i tetti di lamiera. Poi siccome c’era la strada hanno portato la sabbia ed altre cose, e quando è stato tutto sistemato hanno detto alla comunità: sapete una cosa, signori? Ve ne dovete andare perché in questa montagna c’è l’uranio che il governo vuole estrarre, se volete vivere andate in Oaxaca, se volete, o alla peggio dovrete andarvene.
Questo è quello che avevano preparato 20 anni fa, e che ora stanno applicando. Più ancora adesso che hanno cambiato le leggi, il sistema capitalista c’è riuscito a fare quello che diceva, è quello che dicono le carte. È quello che diciamo noi: le carte dicono che c’è l’autorizzazione, ma devi scontrarti con la gente, devi vedere se davvero la gente lo permette, e devono vedersela con noi, gli zapatisti.
Allora, abbiamo studiato la nostra storia passata e ci siamo chiesti, se il capitalismo cambia il suo modo di dominare per avere più di quello che già ha, perché noi, sfruttati e sfruttate, non facciamo la stessa cosa?
Così lo abbiamo chiesto ai fratelli e sorelle dei partiti, e anche qui facciamo delle distinzioni. Noi chiamiamofratelli, sorelle, quelli che stanno coi partiti, quelli che non ci fanno del male. Non chiamiamo fratelli e sorelle i fottuti paramilitari, quelli sono figli di puttana.
Quando siamo venuti fuori pubblcamente, come dice la compagna Vilma, noi zapatisti abbiamo detto che bisognava recuperare la madre terra. È come se ci avessero tolto nostra madre e dovevamo andare a cercarla e recuperarla (…).
E’ successo qualcosa del genere, ci avevano tolto nostra mamma e cominciammo ad organizzarci perché è la prima cosa da fare. Per prima cosa bisogna organizzarsi, ed è quello che abbiamo fatto. Ci siamo organizzati donne e uomini per andare a recuperare le terre, non c’è altro modo di dirlo.
Perché dalla madre terra viene tutto, allora dovevamo recuperare la madre terra e ci siamo organizzati per lavorarla. Il malgoverno e i padroni, i proprietari terrieri, dicono che per colpa degli zapatisti quelle terre, quelle migliaia di ettari di terra sono improduttive. E noi zapatiste e zapatisti, diciamo che è vero, non sono produttive per i proprietari terrieri o per il capitalismo, sono produttive per noi, perché lì non ci sono più le migliaia di capi di bestiame; lì ora ci sono migliaia e migliaia di pannocchie di mais, come questa.
La madre terra ha ricominciato a dare i suoi frutti, piccoli, piccoli, perché era stata così maltrattata che riusciva a dare solo piccoli frutti. Siccome i nostri nonni sapevano come lavorarla, a poco a poco ci siamo ritrovati con la nostra madre terra.
Lavoriamo collettivamente le terre recuperate. Quando diciamo collettivamente, c’è bisogno di molta pratica per fare queste cose. Per esempio, all’inizio lavoravamo la terra tutti insieme, cioè, nessuno faceva il suo pezzo di milpa, ma lo facevamo tutti insieme. Poi succedeva che cadeva molta pioggia, o molta siccità, o arrivava una tempesta, e quindi il raccolto andava perso. Allora i compagni hanno capito che così non andava bene, era meglio organizzarci e ci siamo accordati sui giorni per lavorare nella milpa collettiva e sui giorni per lavorare nella nostra milpa.
Ma soprattutto sono le compagne quelle che portano l’idea, perché sono loro che seminano i prodotti per il cibo, come le cipolle ed altre vedure che le compagne usano in cucina, ma siccome si fa collettivamente, le compagne mandavano le figlie o i figli a raccoglierle nella milpa, ma se qualcuno raccoglieva tutto, poi non restava niente, perchè è di tutti, e bisognava trovare un accordo.
Allora si comincia a vedere un problema, ed è così che i compas scoprono molte cose. Poi altri vogliono elote,e siccome la milpa è collettiva, se uno li raccoglie tutti, poi non ne restano più, e questo non va, quindi bisogna trovare un accordo. Quindi i compas si mettono d’accordo, tanti giorni facciamo il lavoro collettivo, e tanti giorni lavoriamoper noi.
Il lavoro collettivo si fa nel villaggio, a livello locale, in comunità; si fa a livello regionale, una regione comprende 40, 50 o 60 villaggi; il lavoro collettivo si fa anche a livello municipale, un municipio raggruppa 3, 4 o 5 regioni, questo è il municipio autonomo ribelle zapatista. E quando diciamo lavoro collettivo di zona, intendiamo in tutti i municipi che sono nella zona della Realidad, o di Morelia o della Garrucha, delle cinque zone.
Quando parliamo di zone, sono centinaia di villaggi, quando si parla di municipi sono decine di villaggi. Il lavoro collettivo si fa sulla madre terra.
Vi ricordo solo, come aveva detto il defunto Sup Marcos, che a quei tempi ci dicevano che non eravamo anticapitalisti perché bevevamo coca cola, non so se qualcuno si ricorda. Ci idealizzano e basta. No, compagni e compagne, fratelli e sorelle. Il fatto è che noi siamo organizzati.
Vi farò un esempio più chiaro. Ricordo che una compagna della città si era arrabbiata moltissimo perché aveva visto un compa zapatista che stava sgridando la sua compagna, perché era ubriaco. Allora abbiamo detto alla compagna: tranquilla, compagna, perché quella compagna lo denuncerà all’autorità domani, e quel compa sarà punito. Il fatto è che si pensa che se diciamo una cosa, è solo quella. No, questo vuol dire idealizzare. Ma la compagna si rivolge alle autorità e poi c’è la sanzione.
La cosa importante è essere organizzati. Perché prima, quante ce n’erano di donne picchiate, non c’era sindaco, non c’era consigliere comunale, non c’era presidente municipale che risolvesse il problema delle compagne, perché era ancora peggio il sindaco, il consigliere comunale o il presidente municipale.
Bene, stavamo parlando del lavoro collettivo. Si fanno altri lavori collettivi, per esempio la vendita di questi prodotti, non è perché ci piace, perché per noi, zapatiste e zapatisti, per distruggere il capitalismo dobbiamo abolirla. Ed una maniera di abolirla è prederci i mezzi di produzione e gestirci da noi la produzione. Allora se vendiamo delle cose, per esempio qui c’è questo, la terra, ma quello che c’è lì?, i fiori?, è prodotto del capitalismo?, quegli occhiali?, e tutto quello che avete addosso?
Così lo intendiamo, perché è una maniera di graffiare il capitalismo. Così intaccheremo i suoi profitti, è la verità. Non è una bugia, lo capiamo. Poi una cosa è dire, ed altra fare. Per esempio, ricordo qua molte ONG che dicevano non permetteremo la costruzione del Chedrahui, non compreremo mai lì dentro. Non passarono nemmeno due settimane. Quindi, una cosa è dire, e un’altra cosa fare.
Vi dirò delle tante cose che abbiamo scoperto con il lavoro collettivo, che non riguardano solo la madre terra, ma scoprimmo la resistenza.
Incominciò la resistenza dei nostri compagni e compagne dei nostri villaggi, voglio dirvi come è nata l’idea dalla resistenza. Ai tempi della sollevazione, il malgoverno cominciò ad usare, ad utilizzare, non so come si dice, le spie per sapere come si muovevano gli zapatisti. I compagni e le compagne scopriono spie tra i maestri e le maestre, e li cacciarono.
Allora è sorto un problema, perché non c’erano più maestri nelle comunità.Bene, abbiamo dovuto inventare, immaginare, creare. Allora, come dicevo, il governo faceva vedere che distribuiva molti progetti, come per farci invidia, ma poco a poco abbiamo capito che dava quello che dava perché non voleva che ci fosse un governo zapatista, dato e fatto da noi stessi. Ah, bene, abbiamo detto.
Poi le compagne cominciano a dire no, perché nel ’94 sono morti compagni insurgentes ribelli. Quelle compagne sono quelle che hanno cominciato a dire: se noi ci siamo armati ed i nostri compagni sono morti, non dobbiamo accettare quello che avanza, le elemosine, le briciole del malgoverno che vuole comprare quelli che non sono zapatisti perchè non diventino zapatisti.
Quest’idea ha iniziato a diffondersi e non accettare niente dal malgoverno è come andare a combattere – così è cominciata. Poi abbiamo scoperto che non è niente male non accettare niente dal malgoverno. Ve lo dico perchè è stato proprio mentre il governo distribuiva progetti e aiuti a quelli dei partiti, mentre noi dicevamo che dovevamo coltivare la madre terra. E quando abbiamo cominciato a dire così, i compagni e le compagne dicevano: sì, perché quando c’erano i nostri bisnonni e trisavoli, per caso gli davano fagioli, riso, olio, latte? No, al contrario, tutta la forza lavoro dei nostri bisnonni era per il padrone. E allora perché ora il governo ti dà il tuo chilo di farina, miscela, fagioli? Inoltre è pure transgenico, come si dice, chimico che neanche il latte è latte vero.
Allora abbiamo detto che dovevamo lavorare la madre terra, allora abbiamo dato forza a quella resistenza e quelli che l’hanno capito, i compas, presto hanno avuto fagioli, mais, caffè, maiali, tacchini, animali. E quando quelli che stanno con i partiti ricevono le lastre di lamiera, il cemento, la sabbia, quelle cose, hanno bisogno poi della carriola, ma siccome non lavorano la terra non hanno soldi per comprarla. Mentre i compas possono comperare gli attrezzi perchè lavorano la terra.
Allora i compas hanno visto che funzionava, noi indigeni siamo pratici. Quindi abbiamo detto, facciamo tutti così, e così i compas hanno coltivato la terra ancora con più entusiasmo.
Allora il governo comincia a dire che sta distribuendo molti progetti e che tutte quelle case con i tetti di lamiera sono grazie ai suoi progetti. Ma non è vero. Sono case costruite dai compas. Così il governo si è accorto che doveva controllare chi costruiva la sua casa autonomamente, e quando dà le case a quelli che stanno con i partiti, questi devono dimostrare che sono case di un progetto governativo, altrimenti sono accusati di essere zapatisti.
A noi zapatisti dispiace vedere come vivono i fratelli che stanno con i partiti, perché molti dei loro ragazzi e ragazze li abbiamo conosciuti e non sono più in comunità, sono andati via ad inseguire il sogno americano, alla ricerca del biglietto verde, del dollaro. Molti non sono più tornati, altri sono ormai un pugno di cenere, altri che sono tornati sono drogati, fumano marijuana. E quelli che non fumano marijuana hanno cambiato cultura, dicono che non vogliono bere pozol, che non lo conoscono più, e questo è ancora peggio.
E quando un figlio o una figlia ritorna, trovano i genitori che non fanno niente perché il governo li ha abituati a non fare niente ma solo a ricevere aiuti. Cioè, i fratelli dei partiti sono diventati inutili, non lavorano più la terra. La parola che li definisce, credo sia, sottomessi.
Per lo meno all’epoca dello schiavismo eri cosciente che era il tuo padrone a schiavizzarti, ma in questo caso no, perché ti vizia, ti abitua, ti programma nel tuo chip, cioè nella tua testa, nel tuo cervello. Allora non capisci più e quindi non riesci a vedere la vera faccia di Peña Nieto, né di Velasco, né di altri che ti inganneranno.
Perché lo fanno? Perché è uno dei modi per ottenere quello che vogliono, cioè la madre terra per sfruttarne le risorse. Non è il solo modo per strapparci con la forza la madre terra, quando non riescono così, allora mandano l’esercito e la polizia ad ucciderci, ma arriva il giorno in cui il popolo non lo permette più. Uno si abitua a ricevere aiuti dal governo e così non lavora più la terra, ed è ancora peggio se ti danno i documenti di proprietà della terra, perché finisci col venderla.
Questo è quello che succede ai fratelli che stanno con i partiti. Questo è quello che vuole il capitalismo, quello che c’è nella madre terra.
Vi faccio un esempio di come è triste la situazione delle comunità affiliate ai partiti, e se per caso qui ci sono fratelli e sorelle di queste comunità, lo potranno confermare. C’è una comunità nella zona della Realidad, si chiama Miguel Hidalgo, vicina al villaggio di Nuevo Momón. Lì quei fratelli erano, fino a pochi mesi fa, della CIOAC-Histórica ed erano d’accordo con quanto fatto al nostro compagno maestro Galeano. Settimane dopo quello che fecero del compa maestro Galeano, quei fratelli, ora ex cioaquistas, non vogliono più essere della CIOAC per divergenze politiche di partito, ideologiche riguardo ai progetti, ed hanno dovuto farsi da parte per non essere ammazzati. Sono quindi scappati e si sono rifugiati su una terra recuperata nel ’94 quando sono stati cacciati violentemente dalla loro comunità.
Non c’è rispetto, i leader delle organizzazioni sociali sono responsabili di tutto questo perché si arrendono, si vendono, e così uomini e donne di quell’organizzazione è necessario che si organizzino.
Per questo diciamo che è un disastro. Ora quelle comunità dei partiti, circa un mese e mezzo fa, si sono viste tagliare gli aiuti del governo, e nelle comunità davano borse di studio anche senza saper leggere né scrivere, per ogni alunno davano mille o milleduecento pesos. I genitori che magari avevano quattro figli a scuola, si prendevano i loro cinquemila pesos, così si erano abituati.
Adesso, per quattro figli a scuola quelle famiglie prendono 800 peso per tutti e quattro, e sono fregati. Già, siete stati fregati, fratelli. Cosa possiamo dirvi? Tra gli indigeni la comunicazione è veloce, come con un cellulare; se succede qualcosa a qualcuno, la comunità viene subito a saperlo; se qualcuno è malato, la comunità ne viene subito a conoscenza. Come per telefono.
Con i compas dei villaggi, con le basi, facciamo riunioni dove spieghiamo che la situazione peggiorerà e non solo per noi indigeni, ma per tutto il Messico, campagne e città, e non solo in Messico. Noi zapatisti abbiamo parenti che non sono zapatisti, ci sono alcuni che sono brave persone; ce ne sono altri che non vogliono avere niente a che vedere con noi. Noi parliamo con le basi che capiscono la situazione e la voce si diffonde. (…).
Questa è la parte che abbiamo letto ieri, domandandoci che cosa possono fare quei fratelli. Quello che diciamo loro è: organizzatevi, fratelli.
Che cosa fare nell’organizzazione? Pensateci.
Ma come facciamo? Pensate a come vivete.
Riguardo alla vita di quelli dei partiti, vediamo che i bambini, le bambine, non hanno nessuna colpa per come stanno le cose. Nonostante quello che fa il malgoverno, i bambini sono lo stesso abbandonati. Cosa ne sarà di loro? Si sveglieranno quando si renderanno conto di quello che succede, ma per questo pensiamo che devono succedere molte cose. Diventeranno ladruncoli, banditi, ruberanno mais, fagioli, di tutto, peggio se saranno drogati. Ci sono comunità dove i giovani fumano solo marijuana, davvero, non mento. Per questo dico che lì i bambini, le bambine, sono come galline abbandonate.
Questo che vi raccontiamo è come viviamo noi. Voi sapete come vivete voi dove vivete. L’unica cosa che diciamo è che si deve passare a mettere in pratica le nostre idee, altrimenti è solo parlare, e parlare. (…).
Compagne, compagni, fratelli, sorelle, non vi stiamo dicendo di sollevarvi in armi, né di copiare paro paro il nostro esempio. No. Ognuno veda cosa può fare sul suo terreno, ma ora è necessario passare alla pratica.
Quello che vogliamo costruire è per i secoli , per sempre, allora, come facciamo? Se gli attivisti, vecchi zapatisti non preparano i loro figli, cioè la nuova generazione, quelli che adesso hanno 19 o 20 anni, da qui a 50, 60 anni, ritornerà il nipoe del generale Absalón Castellanos Domínguez, l’ex generale, l’ex governatore del Chiapas, ritornerà e comanderà un’altra volta nelle comunità se non si prepareranno le nuove generazioni. E così si deve preparare la generazione successiva, affinché quello che diciamo duri secoli e secoli e per sempre.
Una delle basi della nostra resistenza economica, è la madre terra. Non abbiamo le case che dà il malgoverno, ma abbiamo sistemi di salute, abbiamo scuole, abbiamo i governi che obbediscono al popolo.
Poi, una cosa è l’economia, e un’altra cosa è come governiamo. Mi è molto difficile spiegarlo, perchè i compas non lo fanno in un unico modo.
Per esempio: alcuni collettivi di compas si organizzano collettivamente per vendere mais, fagioli, bestiame, diciamo che fanno i coyote per competere col coyote. Per esempio, se io sono zapatista ed il compratore del caffè, del bestiame, del mais, è compa, il caffè dovrebbe essere intorno ai 23 pesos al kilo, allora io zapatista indago per sapere quanto costa dove compera il coyote, se là si vende a 40 pesos e qui il coyote lo compera a 23, allora ci sta guadagnando. Io faccio il conto di quanto spendo per il trasporto e di quanto posso aumentarlo al chilo, se lui paga 23 pesos al kilo io ne devo pagare 24. Quindi arrivano a comprare i compas zapatisti e perfino quelli dei partiti, così il coyote non ha più clienti. Quando il coyote sente che io pago 24 pesos e lui 23, torna a competere con me e paga 24 pesos. Allora lo zapatista rifà i conti e può pagare 25 pesos al kilo. E’ concorrenza tipo da coyote a coyote, mi capite? Questa è la lotta.
Quelli dei partiti dicono: gli zapatisti pagano di più. Questa è la vita nelle comunità. Per questo vi dicevo che non esiste un unico modo di fare le cose, si cercano atlri modi. E questo ha a che vedere con l’economia nell’essere autorità autonoma.
Per esempio, nell’ambito dell’autonomia tutto andava bene nel settore della salute, dell’educazione, dell’agroecología, o delle tre aree, come dicono i compas, hueseras, levatrici e piante medicinali; ma quando sono diminuiti i progetti o le donazioni dei compagni e compagne solidali e delle ONG, allora la costruzione dell’autonomia ne ha risentito in questi ambiti.
Allora abbiamo pensato che avevamo sbagliato un’altra volta, perché avevamo solo speso e nient’altro, perché non era risultato del nostro sudore, come dicono i compas. Perché quando è il risultato del proprio sudore, te ne prendi ben cura, non lo butti via. Abbiamo deciso che così non va bene e che dovevamo correggerlo.
Nel momento in cui abbiamo cercato di correggere questo aspetto, sono cominciati i problemi. Molte delle cose che facciamo, come ci stiamo organizzando, non credete siano frutto della nostra bella immaginazione, perché siamo dei superman. No, compagni, compagne, fratelli, sorelle. Continuiamo ad inventare, continuiamo a creare. Di fronte ai problemi cerchiamo di risolverli, non ci arrendiamo. Il vantaggio di questo è che siamo noi stessi a risolvere i problemi, non dipendiamo più da nessuna istanza del governo. Se va male,va male per tutti. Se va bene, va bene per tutti.
Vi stavo dicendo dei progetti e delle donazioni ched ovevamo correggere la modalità e quando abbiamo trovato la soluzione, questa non è piaciuta a chi ci presentava i progetti. Perché abbiamo detto: non si tratta solo di spendere soldi, dobbiamo pensare bene a quello che realizzeremo, perché un giorno quando non ci sarà più il sostegno al progetto dei compagni solidali, dobbiamo essere in grado di andare avanti e resistere da soli.
Quell’errore, quella falla in ambito economico, ci ha fatto ricordare i tempi trascorsi in clandestinità, perché in clandestinità siamo riusciti a costruire cliniche, e non sapevamo che avremmo visto compagni e compagne del continente asiatico, dei cinque continenti perché, non ce lo sognavamo proprio, tuttavia siamo riusciti a farlo. Non era della solidarietà, era dal sudore. Allora abbiamo detto ai compagni, ora ci rimettiamo a lavorare, ed è quello che facciamo adesso.
Per questo diciamo che ci stiamo rieducando, riorganizzando per la tormenta che verrà. Davvero, compagni e compagne, le cose non sono facili, ma la scommessa è non arrendersi.
Il lavoro collettivo, è cosa di due o tre mesi fa, perché ci stiamo riorganizzando, ci stiamo rieducando, allora dobbiamo lavorare duro collettivamente affinché sappiamo come dovremo muoverci, o lottare.
Se in occasione di assemblee dei compas nei villaggi, regioni, municipi e zone, un compa zapatista dice, compagni, compagne, io non voglio lavorare collettivamente perché non me ne viene niente, ma non è perché non voglio restare nella lotta, io continuo ad essere zapatista e se c’è bisogno di cooperare per la lotta, io sono d’accordo.
I compas gi dicono, compa è male quello che dici, devi ricordare quello che sei, sei zapatista, perché qui non si tratta solo del lavoro collettivo, qui si tratta di essere zapatista. Lo zapatista deve affrontare tutto. Allora se tu dici che non vuoi andare a lavorare nel collettivo perché ci vogliono quattro, tre, cinque giorni, allora ti toccherà essere municipio autonomo ribelle zapatista, e dovrai svolgere quel servizio per tre anni , e solo tre, quattro giorni per andare a fare lavoro collettivo. Pensa bene a quello che stai dicendo.
(…)
Vi ho raccontato tutto questo, compas, perchè capiate che la scommessa è non mollare, è fare, non solo parlare. Affrontatelo, fatelo, cercatelo, inventatelo, credeteci. È questo.
Perché potevate immaginare quello che dicevamo sul fatto di lavorare la madre terra, e poi l’avete visto, vi ci hanno portato i vostri guardiani, le vostre guardiane a vedere se non lavorano gli zapatisti! Gli zapatisti non emigrano! Pensate a quello che vi ho detto del compa base di appoggio che non vuole fare il lavoro collettivo, perché è così che nascono i problemi. Uno esce, o si autoespelle, perché qua l’essere zapatista è che devi affrontare tutto, ma qualcuno non ci riesce e se ne va. Quelli che se ne vanno è perché non vogliono più lottare, hanno abbandonato l’organizzazione.
Noi non paghiamo luce, acqua, possesso della terra, niente. Ma non riceviamo niente dal sistema. E come abbiamo già detto, lo confermiamo qui col nostro lavoro collettivo, zona, regione, municipi o villaggi, noi andiamo avanti e se dobbiamo fare mobilitazioni per appoggiare altri fratelli, sorelle, compagni, compagne,lo facciamo, ma non per chiedere al governo di mantenere le sue promesse, non ci spendiamo per questo.
Riguardo a come siamo, quello che vogliamo fare e quello che pensiamo di fare, sono i compas, le comunità che autorizzano, sono loro che comandano, sono loro che decidono. Non dipendiamo dal governo. E continueremo con questo nostro modo di essere, lavorando, lottando, e moriremo così se è necessario, per difendere quello che ora siamo.
Traduzione “Maribel” – Bergamo
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