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Palabra del Ejército Zapatista de Liberación Nacional

Ago162014

Seconda Parte: Sub Moisés

Seconda Parte: Sub Moisés

Bene, compagni e compagne, avete ascoltato il compagno Subcomandante Insurgente Galeano. Questo è come la vediamo, come la pensiamo.

Ovvero, abbiamo bisogno della forza di ognuno perché se abbiamo capito come va la vita, allora perché non capiamo come dobbiamo collegarci gli uni con gli altri.

Alcuni compagni che sono qua in veste di media liberi e contemporaneamente come CNI, questi e queste compagne li avete ascoltati e li avete visti. Ora dovete fare condivisione tra di voi, perché non è la stessa cosa che io parli se però non ho ascoltato.

È qui dunque che dobbiamo unirci, dobbiamo prenderci per mano gli uni con gli altri.

Come si chiedeva ai compagni del Congresso Nazionale Indigeno, se dobbiamo stare insieme, cioè indigeni e non indigeni, la parola salirà in una sola voce? Sì. Cioè, i compagni capiranno la vita di quelli che non sono indigeni, quindi come faremo, come lotteremo?

Cioè, c’è un gran lavoro da fare, noi pensiamo che è molto difficile per quelli che vivono in città, ma anche per noi che viviamo nelle comunità come Congresso Nazionale Indigeno, anche se qui per lo meno c’è ancora il senso di comunità, ma nelle città no.

Dietro le mura domestiche, non si sa nulla dei problemi del proprio vicino, a volte nemmeno si sa chi è il vicino; e tra le tre pareti, io vivo qui e lì vive l’altra, l’altro vicino e lì un altro; il mio vicino non si preoccupa di cosa mi succede, né io mi preoccupo di lui o di lei. E così si resta incatenati.

Dunque è un lavoro molto duro quello di cui parlano i compas «la bestia che arriva», perché sennò ci distruggeranno. Allora come possiamo fare questo lavoro. Ma noi non vi stiamo chiedendo di diventare indigeni, ma nemmeno chiedete a noi di pensare o comportarci come cittadini.

No. Ognuno faccia la sua lotta ma restiamo uniti. Ricordate che come diceva il defunto SubMarcos, per quanto abbiamo ascoltato e sentito nei vari caracol dove abbiamo fatto incontri, abbiamo cercato di dire che cosa è importante ed è il momento – certo, diverse volte è stato fatto qui -, che arriviamo ad un accordo. Tutti hanno buone idee ma non vengono fuori perché si vuole che per forza sia accettato quello che dice uno, quello che dice un altro, e un altro ancora, ma compagni, quello che possiamo fare è vedere quale idea funziona, e questo possiamo scoprirlo solamente se ascoltiamo e osserviamo.

Avete visto che qualcuno di quelli arrivati in ultimo, alla chiusura dell’assemblea del CNI, si aspettavano che qualcuno prendesse la parola per chiudere, e non è che avevamo concordato che si sarebbe chiusa così, perché hanno chiuso i compagni stessi, e non era stato concordato.

Allora si sono accorti che è arrivato uno che ha detto, ‘ah, anche io voglio dire una cosa’. Quando è cominciata volevano fare una condivisone, ma hanno visto che oramai era la chiusura. Poi si è chiuso tutto, perché? Perché il senso è che l’assemblea è dei compagni e pertanto sono i membri dell’assemblea che devono chiudere l’assemblea. Ecco, un esempio.
Dobbiamo vedere che cosa funziona e che allora si capisce che tutti siamo uguali. Non «io sono il più importante o la più importante». No. Pensiamo che questo sia un esempio di come possiamo fare questo tutti insieme. Cioè che troviamo quello che diciamo essere un mondo nuovo.

Bisogna continuare a lavorarci. E’ questo che hanno detto i compagni del Congresso Nazionale Indigeno: dobbiamo condividere, non solo noi indigeni, vogliamo condividere con i compagni e compagne della Sexta nazionale ed internazionale. Quindi, come facciamo a condividere, perché bisogna pensare a quelli che non entrano nella Sexta, come condividiamo con loro?
Cioè, come ci rispettiamo? Come costruiamo questo rispetto? Perché bisogna costruire questo rispetto, così come stiamo facendo adesso. E credo che allora dobbiamo dare l’esempio, compagni e compagne della Sexta della città, e compagni e compagne della Sexta delle campagne, e che ci incontriamo e ci sentiamo uno solo, senza chiedere di smettere di essere quello che siamo, ma che ci uniamo a quello che vogliamo, a questo mondo.

Per esempio, quando stavamo preparando questa condivisione con i compagni basi di appoggio, i compagni e le compagne pensavano che noi (noi come comandanti), avremmo detto loro «questo è quello che dovrete fare». No. Si è fatta un assemblea qui dove siete seduti adesso e sono cominciate a venire fuori le idee fino a trovare quello che sentivamo, come dicono i compas, questi i punti.

Ma sono venuti fuori un mucchio di appunti fino a che tutti insieme hanno detto ‘ecco, è questo’. Per questo si è molto arricchito, perché i nostri compagni dicevano: la terra – la madre terra, come diciamo – nel marxismo, nel leninismo si dice che la base principale del capitalismo sono i mezzi di produzione, che è la terra. Ma i compagni dicevano di no.

E domandavamo loro perché. Perché no, sappiamo che il capitalismo pensa così e quelli che hanno trasmesso l’idea ce l’hanno lasciato per iscritto, ma noi dobbiamo capire, dobbiamo lottare per dire, no accidenti! Non permetteremo che sia così.

Quindi la terra, la madre terra, è la base fondamentale della vita degli esseri viventi, è venuto fuori questo da quelli che stavano seduti qua.
– Vediamo, compagno, compagna, dimmi.

– Sì – dice –, perché esseri umani della campagna e della città vivono la terra, e tutto quello che c’è sopra la terra, gli insetti, più quello che c’è sotto, i vermi, è la base della vita. Perché permettiamo a queste bestie di distruggere?

E poi si entra nella discussione:

– Ah, chingá! Come facciamo? Come facciamo perché stiamo dicendo che bisogna prendersi questi mezzi di produzione.

Così abbiamo detto, perché ricordate che in uno degli incontri al CIDECI, il defunto SubMarcos quando presentò la nave, è lì che dicevamo che i mezzi di produzione devono essere nostri, allora bisogna prenderli. Allora come ha detto il compas del CNI, dobbiamo capirlo che dobbiamo prenderci i mezzi di produzione.

Un’altra volta abbiamo discusso di questo. Il problema qui è chi ha le terre migliori e chi si impadronisce delle risorse della terra. E’ qui che abbiamo cominciato a separare l’argomento.

– No, sono i transnazionali o i proprietari terrieri, e quindi bisogna cacciarli.

Bisogna cacciarli, ora sì, tutti noi che viviamo su questa terra, la madre terra, tutti dobbiamo prendercene cura. E ci sono altri compagni che dicono:

– Sì, perché quelli che vivono nelle città producono tonnellate di escrementi che vanno nei fiumi e li inquinano. E gli industriali distruggono la madre terra.

Ma questa è solo una piccola parte, in realtà è molto più ricca quando vediamo le cose in maniera comune. Vi sto raccontando questo perché c’è bisogno di condivisione. Non so come la farete, perché ci deve essere organizzazione, lavoro, bisogna pensarci.

Ma credo che nello spazio già concordato con i compagni, nello spazio dei compagni e delle compagne della Sexta, ognuno deve organizzarsi e lottare per ciò che deve trasmettere.
Davvero si sente se qualcuno trasmette quello che ha osservato, o quello che ha elaborato, o quello che ha convissuto col popolo. (……….) Cioè, lo stai trasmettendo a lui, a lei, e come stavamo dicendo tra noi come CNI, dobbiamo consolidare quello che era prima, che veramente raccontavano i compagni, le compagne.

Perché ancora esistono. Indubbiamente vogliono distruggere tutto, ma il capitalismo non c’è riuscito. In parte sì, ma è per il controllo che esercita.

Quindi crediamo che ci sarà altro lavoro da fare. Ma non pensate che noi abbiamo pianificato tutto questo, questa è una delle tante cose, noi non abbiamo pianificato niente, tutto è venuto fuori dai compagni e dalle compagne; questo è quanto è stato condiviso con i compagni alla fine dell’assemblea.

E questo vogliamo condividere anche qui con i media liberi, perché quando parliamo alle nostre basi, ai nostri popoli, dobbiamo appoggiarli e concordare con loro quello che uscirà dalla loro partecipazione.

Sembrava che noi dovessimo trasmettere un eredità. Ma la sola eredità che trasmettiamo è mostrare come si deve lavorare, come si deve proseguire e tutto questo, perché è l’organizzazione dell’EZLN e dell’autonomia.

Allora i compagni e le compagne dicevano, «manca qualcosa, perché che cosa facciamo, non sappiamo che cosa fare con questa cosa – riguardo all’Altra Campagna -. Ed è stato anche lì che ci hanno svegliato, perché che cosa avremmo detto dell’Altra. Allora abbiamo detto:

– Spetta a voi. Quello che vogliamo dall’Altra è che il popolo si organizzi e che un giorno comandi, cioè è quello che voi state facendo. Quindi voi dovete condividerlo con i compagni della Sexta, quelli che hanno aderito alla Sexta.

Quella fu una campagna, per questo si chiama L’Altra Campagna, ma quelli che hanno aderito alla Sexta per organizzarsi, lottare ed essere anticapitalisti, devono condividerlo con gli altri compagni e compagne.

Questo è venuto fuori dalla discussione..

– Bisogna quindi fare una scuola – dicono i compas.

E nasce da qui la escuelita, chiamata così dai compagni perché è una cosa piccina, una escuelita. Allora proviamo e facciamola. Ed è stata di molto aiuto, e molti dei compagni e compagne, degli alunni ed alunne che sono venuti, ora hanno un altro modo di pensare, perché hanno visto con i propri occhi, non perché glielo hanno raccontato, non è perché hanno visto un film, ma hanno vissuto lì.

Sicuramente quei compagni alunni ed alunne che sono venuti, magari vorranno condividere.

Questo è quello che vediamo.

Molte volte quando facciamo questo tipo di condivisione, c’è qualche minuto di calma e poi cominciano a farci domande su tutto quello che abbiamo detto. Che cosa abbiamo visto?Che cosa pensiamo? Che cosa crediamo?

Allora compagni, quelli che sono stati qui come Congresso Nazionale Indigeno, e quelli che ci ascoltano, come la vedono? Che cosa immaginano? Forse i media che sono venuti ad ascoltare quello che hanno detto i compagni in chiusura avranno delle domande da fare, perché attraverso le domande riusciamo a chiarire quello che non è stato chiaro, quindi se avete delle domande da fare, fatele, e se non ne avete vuol dire che tutto è chiaro… o che non si è capito niente.

(Fine dell’intervento del Sub Moisés, seguono interventi e domande dei media liberi e de@ compas de la Sexta mondiale presenti)
(Trascrizione dell’audio originale a cura dei “Los Tercios Compas”)
Copyleft: “los tercios compas” 12 agosto 2014. E’ permessa la riproduzione in vitro, la circolazione anche con carico veicolare ed il consumo smodato.

 

 

Traduzione a cura del Comitato Chiapas “Maribel” – Bergamo, che chiede scusa per la traduzione imperfetta del complesso ed affascinante linguaggio del Sub Moisés.

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