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Palabra del Ejército Zapatista de Liberación Nacional

May102014

IL DOLORE E LA RABBIA

IL DOLORE E LA RABBIA

ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE
MESSICO

8 maggio 2014

Ai compagni e compagne della Sexta:

Compas:

In realtà il comunicato era pronto. Succinto, preciso, chiaro, come devono essere i comunicati.

Ma… mm… poi.

Ora comincia la riunione con le compagne e compagni basi di appoggio della Realidad.

Li ascoltiamo.

Conosciamo il tono ed il sentimento della loro voce: il dolore e la rabbia.

E mi rendo conto che un comunicato non riflette tutto questo.

O non in tutta la sua dimensione.

Certo, forse neppure una lettera, ma almeno con queste parole posso fare un pallido tentativo.

Perché…

Furono il dolore e la rabbia che ci spinsero a sfidare tutto e tutti 20 anni fa.

E sono il dolore e la rabbia che ora ci fanno indossare di nuovo gli stivali, mettere l’uniforme, infilare la pistola e coprirci il volto.

E rimettermi il vecchio e logoro berretto con le 3 stelle rosse a cinque punte.

Sono il dolore e la rabbia che hanno portato i nostri passi fino alla Realidad.

Poco fa, dopo che avevamo spiegato di essere arrivati per rispondere alla richiesta di aiuto della Giunta di Buon Governo, un compagno base di appoggio, maestro del corso «La Libertad según l@s Zapatistas» ci ha detto, parola più, parola meno:

«Compagno subcomandante, vogliamo essere chiari, se non fossimo zapatisti ci saremmo già vendicati ed avremmo fatto n macello, perché siamo molto arrabbiati per quello che hanno fatto al compagno Galeano. Ma siamo zapatisti e non cerchiamo vendetta, ma giustizia. Quindi abbiamo aspettato di vedere quello che ci direte e così faremo».

Ascoltandolo ho provato invidia e pena.

Invidia per chi ha avuto il privilegio di avere donne e uomini, come Galeano e come questo che ora mi parla, come maestre e maestri. Migliaia di uomini e donne di tutto il mondo hanno avuto questa fortuna.

E pena per chi non avrà più Galeano come maestro.

Il compagno Subcomandante Insurgente Moisés ha dovuto prendere una decisione difficile. La sua decisione è inappellabile e, se chiedete la mia opinione (nessuno l’ha chiesta), incontestabile. Ha deciso di sospendere a tempo indefinito la riunione e la condivisione con i popoli originari e le loro organizzazioni nel Congresso Nazionale Indigeno. Ed ha deciso di sospendere anche l’omaggio che avevamo preparato per il nostro compagno scomparso Don Luis Villoro Toranzo, così come sospendere la nostra partecipazione al Seminario «L’Etica di fronte alla Spoliazione» organizzato da compagni artisti ed intellettuali del Messico e del Mondo.

Che cosa l’ha portato a questa decisione? I primi risultati dell’indagine e le informazioni che ci giungono non lasciano ombra di dubbio:

            1.- Si è trattato di un’aggressione premeditata, organizzata militarmente e portata a termine con perfidia, premeditazione e crudeltà. È un’aggressione che si inserisce nel clima creato ed incoraggiato dall’alto.

            2.- Sono implicati i vertici della cosiddetta CIOAC-Histórica, del Partito Verde Ecologista (nome col quale il PRI governa in Chiapas), il Partito Azione Nazionale ed il Partito Rivoluzionario Istituzionale.

            3.- È implicato almeno il governo dello Stato del Chiapas. C’è ancora da definire il grado di coinvolgimento del governo federale.

Una donna dei contras è venuta a raccontarci che tutto è stato pianificato e che si trattava di un piano per far fuori Galeano.

Insomma: non si è trattato di una questione di comunità, dove le bande si affrontano infiammate dal momento. È stato qualcosa di pianificato: prima la provocazione con la distruzione della scuola e della clinica, sapendo che i nostri compagni non avevano armi da fuoco e che sarebbero andati a difendere quello che umilmente hanno costruito con il loro lavoro; poi gli aggressori hanno preso posizione sul percorso che sapevano che i nostri compagni avrebbero seguito dal caracol alla scuola; e, infine, il fuoco incrociato sui nostri compagni.

In quell’imboscata i nostri compagni sono stati feriti da armi da fuoco.

Quanto accaduto al compagno Galeano è straziante: non è caduto nell’imboscata, lo hanno circondato 15 o 20 paramilitari (sì, lo sono, le loro sono tattiche paramilitari); il compa Galeano li ha sfidati a battersi senza armi; gli sono saltati addosso e lui saltava da una parte all’altra schivando i colpi e disarmando i suoi rivali.

Vedendo che non riuscivano ad averla vinta su di lui, gli hanno sparato ed un colpo alla gamba l’ha atterrato. Poi c’è stata la barbarie: gli sono andati addosso, l’hanno pestato e colpito col machete. Un’altra pallottola al petto l’ha ferito mortalmente. Ma hanno continuato a colpirlo. E vedendo che ancora respirava, un codardo gli ha sparato alla testa.

Ha ricevuto tre colpi a bruciapelo. E tutti e 3 mentre era circondato, disarmato ma non si era arreso. Il suo corpo è stato trascinato per circa 80 metri dai suoi assassini che poi l’hanno abbandonato.

Il compagno Galeano è stato lasciato lì solo. Il suo corpo in mezzo a quello che una volta era territorio dei campamentisti, uomini e donne da tutto il mondo venuti a costruire “l’accampamento di pace» della Realidad. E sono state le compagne, le donne zapatiste della Realidad a sfidare la paura ed andare a recuperare il corpo.

Sì, c’è una foto del compa Galeano in questo stato. L’immagine mostra tutte le sue ferite ed alimenta il nostro dolore e la rabbia, nonostante questi non necessitano di alcun rinforzo dopo aver ascoltato i racconti di ciò che è accaduto. Naturalmente mi rendo conto che questa foto potrebbe offendere la sensibilità dei reali spagnoli; motivo sufficiente per pubblicare la foto di una scena spudoratamente prefabbricata, con un paio di feriti, e con i giornalisti mobilitati dal governo del Chiapas per vendere la menzogna che ci fosse stato uno scontro. «Chi paga, fa le regole”. Perché le classi esistono, amico mio. La monarchia spagnola è una cosa, mentre quei «fottuti» indiani ribelli che ti rimproverano [que te mandan al rancho de amlo] solo perché a pochi metri di distanza stanno vegliando il corpo ancora sanguinante del compa Galeano, sono tutt’altra cosa.

La CIOAC-Histórica, la sua rivale CIOAC-Independiente ed altre organizzazioni “campesinas” come la ORCAO, ORUGA, URPA ed altre, vivono per provocare scontri. Sanno che provocare problemi nelle comunità dove siamo presenti, fa cosa gradita ai governi e che saranno premiati con programmi sociali e grosse mazzette di denaro per i loro capi per i problemi che ci causano.

Dalle parole di un funzionario del governo di Manuel Velasco: «ci conviene di più che gli zapatisti siano occupati per problemi creati artificialmente, invece che svolgano attività alle quali partecipano «güeros» da tutte le parti». Così ha detto: «güeros». Sì, è comico che si esprima in questi termini il servo di un «güero».

Ogni volta che i leader di queste organizzazioni «campesinas» vedono calare i loro introiti per i lussi che si concedono, organizzano un problema e vanno dal governo del Chiapas a farsi pagare per «calmarsi».

Questo «modus vivendi» di capi che non sanno distinguere nemmeno la «sabbia» dalla «ghiaia», iniziò col priista e tristemente noto «croquetas» Albores, fu ripreso dal lopezobradorista Juan Sabines, e si mantiene con l’autodenominato verde ecologista Manuel «il güero» Velasco.

Aspettate un momento…

Ora sta parlando un compa. Piange. Ma tutti sappiamo che quelle lacrime sono di rabbia. Con la voce strozzata dice quello che tutti sentono, sentiamo: non vogliamo vendetta, vogliamo giustizia.

Un altro lo interrompe: «compagno subcomandante insurgente, non fraintendere le nostre lacrime, non sono di tristezza, sono di ribellione».

Arriva il verbale di una riunione dei capi della CIOAC-Histórica. I capi dicono testualmente: «con l’EZLN non si può negoziare con i soldi. Lasciamo catturare tutti quelli che appaiono sui giornali, stanno rinchiusi i loro 4 o 5 anni, e dopo che il problema si è placato, si può negoziare col governo la loro liberazione». Uno altro aggiunge: «o possiamo dire che c’è stato un morto tra i nostri e così siamo pari perché c’è un morto da entrambe le parti e gli zapatisti dovrebbero calmarsi. Ci inventiamo che è morto o lo ammazziamo noi e così il problema è risolto».

Alla fine questa lettera si è dilungata e non so se riuscite a sentire quello che noi sentiamo. In ogni caso il Subcomandante Insurgente Moisés mi ha incaricato di avvisarvi che…

Aspettate…

Ora stanno parlando nell’assemblea zapatista della Realidad.

Siamo usciti affinché decidano tra loro la risposta ad una domanda che abbiamo posto: «I governi perseguono la comandancia dell’EZLN, lo sapete bene perché c’eravate anche voi all’epoca del tradimento del 1995. Dunque, volete che stiamo qui per occuparci di questo problema e che ci sia giustizia o volete che ce ne andiamo? Perché tutti voi adesso potreste subire direttamente la persecuzione dei governi e dei loro poliziotti e militari».

Adesso parla un ragazzo. Ha circa 15 anni. Mi dicono che è il figlio di Galeano. Mi affaccio e benché sia ancora un ragazzino, è un Galeano in formazione. Dice di restare, che si fidano di noi per la giustizia e che si trovi chi ha assassinato suo papà. E che sono preparati a tutto. Le voci in questo senso si moltiplicano. Parlano i compagni. Parlano le compagne e perfino i bambini smettono di piangere: sono state loro a ripristinare l’erogazione dell’acqua, nonostante le minacce dei paramilitari. «Sono coraggiose», dice un uomo, veterano di guerra.

Restiamo, questa è la decisione.

Il Subcomandante Insurgente Moisés consegna alla vedova un contributo economico.

L’assemblea si scioglie. Anche se possiamo vedere che il loro passo è di nuovo fermo, ora c’è un’altra luce nel loro sguardo.

Cosa stavo dicendo? Ah, sì. Il Subcomandante Insurgente Moisés mi ha incaricato di dirvi che le attività pubbliche di maggio e giugno sono sospese a tempo indeterminato, così come i corsi della «libertad según l@s zapatistas». Quindi vedete voi per le cancellazioni e tutto il resto.

Aspettate…

Adesso stanno dicendo che lassù stanno ri-invocando il cosiddetto «modello Acteal»: «fu un conflitto intercomunitario per un banco di sabbia». Mm… segue la militarizzazione, lo schiamazzo isterico della stampa addomesticata, le simulazioni, le menzogne, la persecuzione. Non è una coincidenza che ci sia ancora il vecchio Chuayffet, ora con disciplinati studenti nel governo del Chiapas ed in organizzazioni «campesinas”.

Quello che segue già lo conosciamo.

Ma quello che voglio è approfittare di queste righe per chiedervi:

A noi è stato il dolore e la rabbia a portarci fino a qua. Se anche voi li avete sentiti, dove vi hanno portato?

A noi qui, nella realtà (La Realidad). Dove siamo sempre stati.

E voi?

Bene. Salute e indignazione.

Dalle montagne del Sudest Messicano.

Subcomandante Insurgente Marcos.
Messico, Maggio 2014. Nell’anno 20 dell’inizio della guerra contro l’oblio.

P.S.- Il Subcomandante Insurgente Moisés sta conducendo le indagini ed informerà sui risultati. Lui o per mio tramite.

Altro P.S.- Se mi chiedete di riassumere il nostro faticoso cammino in poche parole, queste sarebbero: i nostri sforzi sono per la pace, i loro sforzi sono per la guerra.

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