Bene, ora vi spiego la faccenda della scuola (la lista del materiale scolastico, la metodologia, le/i maestr@, il programma, gli orari, ecc.), quindi la prima cosa è…
Il necessario.
La sola cosa di cui avete veramente bisogno per frequentare la scuola zapatista (oltre ad essere stati invitat@, chiaro, ed i cento pesos per il pacchetto libro-dvd) è la disposizione ad ascoltare.
Quindi, non c’è bisogno di seguire i consigli e le raccomandazioni di quelle persone, per quanto ben intenzionate, che vi dicono di portarvi questo o quello, perché loro “sì, sono stati in comunità”.
Chi davvero c’è stato in comunità, non lo ostenta, e sa bene che quello che in realtà serve è saper guardare e ascoltare. Perché di gente che è venuta per parlarci (e pretendere di guidarci o per offrirci elemosine in denaro o “saggezza”) ce n’è stata e ce ne sarà tanta, troppa. E quelli venuti ad ascoltare sono molto pochi. Ma di questo vi parlerò in un’altra occasione.
Quindi, non portate niente in particolare (ho letto che qualcuno ha solo delle vecchie scarpe da tennis, figo). Portatevi dei quaderni ed una penna o matita. Non è obbligatorio avere il computer, lo esmarfon, il tablet o quello che si usa adesso, ma se vi va potete portarli. Dove andrete non c’è campo per i cellulari. In qualche caracol c’è internet ma la sua velocità è, come dire… quella di “pegaso”, il cavallo di Durito. Sì, potete portare il vostro coso come-si-chiama dove ascoltare la musica. Sì, potete portare macchine fotografiche e registratori. Sì, si può registrare e scattare foto e video ma solo secondo le regole che il Subcomandante Insurgente Moisés vi farà sapere. Sì, potete portare il vostro orsacchiotto di peluche o equivalente.
Cose che vi possono essere utili: una torcia. Lo spazzolino da denti ed un asciugamano (se ne avete voglia ed è possibile lavarsi). Almeno un cambio di vestiti, nel caso si sporchino nel fango. I vostri medicinali, se ne avete bisogno e vi sono stati prescritti da uno specialista. Una busta di plastica per i vostri documenti e i soldi (portate sempre con voi soldi e documenti – i documenti vi saranno chiesti al momento della registrazione per controllare che voi siate voi -). Un’altra busta di plastica per il materiale di studio che vi consegneranno. Ed anche la vostra biancheria (intima – se la usate – ed esterna) mettetela in buste di plastica.
Ricordate: potete portarvi quello che volete, ma tutto quello che avete ve lo dovete trasportare voi. Quindi, niente “mi porto il pianoforte perché magari ho il tempo di esercitarmi con do-re-mi-fa-sol-la”. E no, non potete portare nemmeno la vostra Xbox, ps3, wii, e neppure quella vecchia console Atari.
Quello che è imprescindibile non si può acquistare, ma lo portate già incorporato nella vostra persona e lo potete trovare, partendo dal vostro collo, in basso e a sinistra.
Bene, chiarito questo, ecco la lista del necessario per frequentare la scuola in comunità. Senza questi requisiti NON SARETE AMMESSI:
– Indisposizione a parlare e giudicare.
– Disposizione ad ascoltare e guardare.
– Un cuore aperto.
Non importano la vostra razza, età, genere, preferenza sessuale, luogo di origine, religione, scolarità, statura, peso, aspetto fisico, la squadra per cui tifate, la vostra “anzianità” nel seguire lo zapatismo,… né le vostre calzature o se siete scalzi.
Ah, questo sì, non portate scarpe con i tacchi a spillo perché, è vero, stanno molto bene, ma le rompereste subito muovendo i primi passi nello…
Lo Spazio Scolastico e l’orario.
Secondo noi zapatiste, zapatisti, il luogo di insegnamento-apprendimento, la scuola, è il collettivo. Cioè, la comunità. E le/i maestr@ e le/gli alunn@ formano il collettivo. Tutte e tutti. Cosicché non ci sono un maestro o una maestra, ma c’è un collettivo che insegna, che mostra, che forma, ed in esso e con esso la persona impara e, a sua volta, insegna.
Quindi, il primo giorno di scuola in comunità (nelle altre modalità questo cambia), non aspettatevi il modello tradizionale di scuola. Quello che abbiamo preparato per voi, “l’aula” o il “salone scolastico” non è uno spazio chiuso, con una lavagna ed un professore o un’insegnante che impartisce il sapere agli alunni, che li valuta e li punisce (cioè, li classifica: alunni buoni e cattivi), ma lo spazio aperto di una comunità. E non una setta (qui convivono zapatisti e non zapatisti e, in alcuni casi, anti zapatisti), né una comunità egemonica, né omogenea, né chiusa (tutto l’anno la visitano persone di differenti calendari e geografie), né dogmatica (qui si impara anche dalle/dagli altr@).
Per questo non verrete in una scuola con gli orari abituali. Sarete a scuola in tutte le ore e tutti i giorni che durerà il vostro soggiorno. La parte più importante del vostro stare nella scuola zapatista è la vostra convivenza con la famiglia che vi accoglierà. Andrete con loro a fare legna, alla milpa, al ruscello-fiume-sorgente, cucinerete e mangerete con loro (chiaramente mangerete quello che non vi faccia male o secondo le vostre convinzioni – per esempio, se siete vegetariani o vegani non vi daranno carne, ma avvisateli prima perché i compas, quando sono felici per la visita, cucinano pollo o maiale, e la comunità o il municipio autonomo o la giunta di buon governo, per l’occasione usano il bestiame di proprietà della collettività per preparare brodo per tutt@ -), riposerete con loro e, soprattutto, vi stancherete insieme a loro.
Ovvero, come dire, in quei giorni farete parte di una famiglia indigena zapatista.
Per questo non accettiamo che qualcuno arrivi con la sua tenda da campeggio o la sua roulotte. Per questo c’è un numero limitato di iscritti. Perché in queste terre, è vero, ci stanno in molti, ma nelle capanne zapatiste ce ne stanno solo pochi. Se volete fare campeggio, stare nella natura ed i suoi equivalenti bucolici, non fatelo qui e in queste date.
Quindi, non conviverete con la vostra banda, gruppo, collettivo. Né con altr@ cittadin@. Se arrivate con la vostra famiglia, il vostro o la vostra partner, starete con loro se lo vorrete, ma nient’altro. Non è ammesso «noi che veniamo dallo stesso posto stiamo insieme per fare caciara o chiacchierare o cantare alla luce del falò o altro». Questo lo potete fare nelle vostre geografie ed in altri calendari. Qui venite (soli o con la vostra famiglia, compagno o compagna) per condividere la quotidianità ed il sapere del popolo indigeno zapatista, e, chiaro, anche di indigeni che non sono zapatisti.
Il popolo zapatista è un popolo che ha la particolarità non solo di avere sfidato il potente, e neppure solo di essersi mantenuto in ribellione e resistenza per 20 anni. Ma anche, e soprattutto, per essere riuscito a costruire (nelle condizioni che conoscerete personalmente) la definizione indigena zapatista di libertà: governare e governarci secondo i nostri modi, nella nostra geografia ed in questo calendario.
Sì, “nella nostra geografia ed in questo calendario” segna una notevole distanza rispetto ad altri progetti. Non solo avverte che non è un modello da seguire (a noi alcune cose sono riuscite, altre no), un nuovo vangelo o una moda da esportare. Non è neppure un “manuale di costruzione della libertà”. Neanche per tutti i popoli originari del Messico, ed ancor meno per i popoli che lottano in ogni angolo del mondo.
Inoltre, fate molta attenzione, stiamo definendo un tempo. Quello che vedrete, è valido per noi, adesso. Nuove generazioni costruiranno le proprie strade, con modi propri e tempi propri. Il concetto di libertà non prevede lo schiavismo verso sé stesso.
Perché per noi la libertà è questo: esercitare il diritto di costruirsi il proprio destino, senza nessuno che ci comandi né ci dica sì o no. In altre parole: il nostro diritto di cadere e rialzarci da noi stessi. E sappiamo bene che questo si costruisce con ribellione e dignità, sapendo che ci sono altri mondi ed altri modi, e che, così come noi stiamo costruendo, ognuno costruisce la propria identità, cioè, la propria dignità.
Solo 2 volte nella settimana in cui convivrete con le comunità zapatiste parteciperete ad una riunione con tutt@ le/gli alunn@ nel Caracol della zona che vi spetterà. In quella riunione, dove saranno riuniti molti colori e modi di diversi calendari e geografie, ci saranno un maestro o una maestra che cercherà di rispondere alle domande o dubbi che potrebbero sorgere durante la vostra convivenza. Questo perché pensiamo che sarà bene per voi conoscere i dubbi, per esempio, di chi viene da un altro paese, da un altro continente, da un’altra città, da un’altra realtà.
Ma la cosa fondamentale della scuola la imparerete con il vostro…
Votán.
Per molti mesi, decine di migliaia di famiglie zapatiste si sono preparate per accogliere chi verrà nella scuola in comunità. Insieme a loro, migliaia di donne e uomini, indigeni e zapatisti si sono convertiti in un Votán individuale e collettivo nello stesso tempo.
Dovete dunque sapere qual’è il posto di Votán nella scuola. Perché il Votán è, come dire, la colonna portante della scuola. È il metodo, il piano di studio, il maestro-maestra, la scuola, l’aula, la lavagna, il quaderno, la penna, la scrivania con la mela, la ricreazione, l’esame, il diploma, la toga e il tocco.
Sul significato di “Votán” (o “Uotán”, o “Wotán”, o “Botán”) si è detto e scritto molto: per esempio, che la parola non esiste in lingua maya e che non è altro che la parola, male ascoltata e mal tradotta, “Ool Tá aan”, che sarebbe qualcosa come “Il Cuore che Parla”; che si riferisce al terremoto; o al ruggito del giaguaro; o al palpitare del cuore della terra; o del cuore del cielo; o del cuore dell’acqua; o del cuore della montagna; o tutto questo ed altro. Ma, come in tutto quello che si riferisce ai popoli originari, si tratta di interpretazioni di interpretazioni di chi ha voluto dominare (a volte con la conoscenza) queste terre ed i suoi abitanti. Quindi, a meno che non siate interessati ad elucubrare su interpretazioni di interpretazioni (che finiscono per ignorare i creatori), qui ci riferiamo al significato che le zapatiste, gli zapatisti, danno a “Votán”. E sarebbe qualcosa come “guardiano e cuore del popolo”, o “guardiano e cuore della terra”, o “guardiano e cuore del mondo”.
Ognuno degli studenti della scuola avrà il proprio Votán, un guardiano o guardiana, indipendentemente dall’età, genere, razza dell’alunno.
Cioè, oltre alla famiglia con la quale convivrete in quei giorni, avrete un tutore o tutrice che vi aiuterà a comprendere cos’è la libertà secondo noi zapatiste, zapatisti.
Le/I Guardian@ sono persone comuni. Solo che sono persone che si sono ribellate contro il potente che li sfruttava, disprezzava, derubava e reprimeva, e ci hanno messo la vita in questo. Tuttavia, il Votán in noi non predica il culto della morte, della gloria o del Potere, ma percorre la vita nella lotta quotidiana per la libertà.
Il vostro Votán personale, il vostro Guardiano/a, vi racconterà la nostra storia, vi spiegherà chi siamo, dove stiamo, perché lottiamo, come lo facciamo, con chi lo vogliamo fare. Vi parlerà dei nostri successi e dei nostri errori, studierà con voi sui libri di testo, fugherà per quanto possibile i vostri dubbi (se non ci riuscirà, c’è la riunione generale), vi parlerà in spagnolo (la famiglia con la quale vivrete parlerà in lingua madre), vi tradurrà quello che si dirà in famiglia, e tradurrà alla famiglia quello che voi direte o vorrete sapere, camminerà con voi, verrà con voi nella milpa o a fare legna o a prendere l’acqua, cucinerà con voi, mangerà con voi, canterà e ballerà con voi, dormirà vicino a voi, vi accompagnerà quando andrete in bagno, vi dirà che insetti evitare, controllerà che prendiate le vostre medicine, in sintesi: vi insegnerà e si prenderà cura di voi.
A lui potete chiedere quello che volete: se siamo un orrore di Salinas, se il SupMarcos è morto o è ad abbronzarsi sulle spiagge europee, se il SubMoy verrà, se la terra è rotonda, se crede nelle elezioni, se tifa per i Jaguares, eccetera, eccetera, eccetera. A differenza di altr@ maestr@, il guardiano o la guardiana, se non sa la risposta, vi dirà: “non lo so”.
Il vostro Votán sarà anche il vostro traduttore simultaneo che non ha bisogno di pile. Perché qua vi parleranno sempre in lingua madre. Solo il guardiano o guardiana può parlarvi in castigliano. Così capirete cosa succede quando un indigeno tenta di parlare nella lingua dominante. La differenza fondamentale è che qua non sarete trattati con disprezzo né con scherno perché non capite quello che vi dicono o perché pronunciate male. Ci saranno risate, sì, ma di simpatia per il vostro sforzo di capire e farvi capire. E, attenzione, il vostro Votán vi tradurrà non solo le parole, ma anche colori, sapori, suoni, mondi interi, cioè, una cultura.
Nella riunione alla quale parteciperete insieme ai vostri condiscepoli della zona, non potrete fare una domanda diretta al maestro o alla maestra, ma dovrà farla il vostro guardiano/a, e lui/lei la tradurrà al maestro che risponderà in lingua madre, ed il guardiano la tradurrà per voi. Indubbiamente resterete col dubbio se la vostra domanda sia stata tradotta correttamente e se la risposta che riceverete sia quella fornita dal maestro. Ma, non dicono che è giusto che un indigeno compaia davanti alle istanze governative di giustizia con un interprete? O per caso nei tribunali si traducono culture? Così capirete che quello che chiamano “uguaglianza giuridica” è un’altra delle mostruosità della giustizia nel nostro mondo. Dove sta l’uguaglianza giuridica se la traduzione di parole come “libertà”, “democrazia”, “giustizia” si fa con le stesse parole di chi vuole schiavizzarci, derubarci, farci sparire? Dov’è l’uguaglianza se l’accusa, il processo e la condanna le fa un sistema giuridico, oltre che corrotto, imposto con la lingua del Prepotente? Dov’è la giustizia se il sistema che giudica è basato sulla premessa dello smantellamento culturale?
Per questo la scuola. Per questo il Votán. Perché…
Siamo lui.
Il vostro Votán è un grande collettivo concentrato in una persona. Lui o lei non parla né ascolta come persona individuale. Ogni Votán siamo noi tutte e tutti gli zapatisti.
Qualche settimana fa, noi Subcomandanti Moisés e Marcos abbiamo affidato l’incarico di portavoce dell’EZLN a migliaia di uomini e donne indigene zapatiste per i giorni della scuola. In quei giorni di agosto (e poi in dicembre e gennaio prossimi), per loro voce parlerà tutto l’EZLN, attraverso il loro udito ascolterà, e nel loro cuore palpiterà il grande noi che siamo.
Cosicché in quei giorni della Scuola, avrete come maestro o maestra niente meno che la massima autorità zapatista, il capo/capa suprema dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale: Votán.
E Votán si incaricherà anche di…
Le/I Bambin@.
Se l’alunno o alunna è minorenne (12 anni o meno), una guardiana per ogni bambino e bambina accompagnerà sempre la madre e/o padre, aiuterà a prendersene cura, che non si ammali, che prenda le sue medicine, che giochi, che impari, che sia content@. Se sa già leggere, studierà sui libri di testo insieme al bambino o bambina, gli racconterà le storie di come vivevano i bambini indigeni prima dell’insurrezione e come vivono ora, gli racconterà storie terribili e meravigliose, racconti, barzellette, gli canterà “quella del babbuino colorato”.
Tutti i bambini e le bambine, con i familiari che li accompagnano, saranno sistemati nella zona più vicina a San Cristóbal de Las Casas, nelle migliori condizioni che possiamo offrire. Si predisporranno alloggi particolari per loro, insieme alle loro madri/padri, affinché non abbiano freddo, né si bagnino se piove. Ci saranno inoltre dei compas esperti di salute e primo soccorso. E per qualsiasi emergenza, saranno a disposizione, 24 ore su 24, 2 ambulanze e 2 veicoli per trasportare l’infante in città se avesse bisogno di un medico, o per andare a prendere medicinali se ce ne fosse bisogno. Se per qualche emergenza è necessario che la famiglia debba fare ritorno nella sua geografia particolare prima della fine della scuola, abbiamo un piccolo fondo economico per aiutarla con i biglietti, o la benzina.
Riassumendo: le/i bambin@ godranno di un trattamento speciale. Ma, né loro né gli adulti si salveranno da…
La Valutazione.
È la più difficile che abbiate mai immaginato. Non ci sarà un esame, una tesi o un test a risposta multipla; né ci sarà una giuria, o un gruppo sinodale con titoli universitari.
La valutazione la farà la vostra realtà, nel vostro calendario e geografia, ed il vostro sinodo sarà… uno specchio.
Lì vedrete se potrete rispondere all’unica domanda dell’esame finale: Cos’è la libertà secondo te-voi?
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Bene. Salute e credetemi, lo dico per esperienza diretta, quello che più si impara qua, è domandare. E ne vale la pena.
Dalle montagne del Sudest Messicano.
SupMarcos
Messico, Luglio 2013
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Ascolta e guarda i video che accompagnano questo testo.
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Eduardo Galeano narra un aneddoto di un maestro ed i suoi alunn@.
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La libertà, per esempio, è esigere la libertà per tutt@ i prigionier@ Mapuche. La canzone si intitola “Cosas Simples”, del gruppo cileno Weichafe (Guerrero).
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“Luna Zapatista”, di Orlando Rodríguez e Miguel Ogando, con “El Problema del Barrio”, disegni di Juan Kalvellido. Edizione video: Orlando Fonseca.