uno: Un sogno in questo sguardo.
Una strada, una milpa, una fabbrica, una valle, un bosco, una scuola, un negozio, un ufficio, una piazza, un mercato, una città, un campo, un paese, un continente, un mondo.
Il Capo è gravemente ferito, la macchina rotta, la bestia esausta, il selvaggio rinchiuso.
A niente sono serviti i cambi di nome e di bandiere, le botte, le prigioni, i cimiteri, il flusso di denaro attraverso le mille arterie della corruzione, i «reality show«, le feste religiose, gli annunci a pagamento, gli esorcismi cibernetici.
Il Capo chiama il suo ultimo scagnozzo. Gli mormora qualcosa all’orecchio. Lo scagnozzo esce ed affronta la folla.
Dice, domanda, chiede, esige:
“Vogliamo parlare con lui …”
Un dubbio, la maggioranza di chi gli sta di fronte sono donne.
Si corregge:
“Vogliamo parlare con la …”
Altro dubbio, non è piccolo il numero di altr@ che si trova davanti.
Si ricorregge:
“Vogliamo parlare con chi è al comando”.
Nel silenzio generale si avvicinano un@ anzian@ ed un bimb@, si fermano di fronte a lui e, con voce innocente e saggia, dicono:
“Qui tutte e tutti comandiamo”.
Lo scagnozzo trema, come trema la voce del Capo nel suo ultimo grido.
Lo sguardo si sveglia. “Che strano sogno“, dice tra sé. E, senza che importi il calendario e la geografia, la vita, la lotta, la resistenza proseguono.
Dello strano sogno ricorda solo alcune parole:
“Qui tutte e tutti comandiamo”.
due: Un altro sguardo da un altro calendario e un’altra geografia.
(frammento di una lettera ricevuta nel quartiere generale dell’ezetelene, senza data)
“Saluti Compas.
(…)
La mia opinione è che è stato tutto una figata. Ma, non nego che tutto questo è in retrospettiva. Sarebbe molto facile dire che capii perfettamente il silenzio e che nulla mi sorprese. Falso, anch’io mi sono spazientito del silenzio (naturalmente non ha niente a che vedere con quello che si dice che gli zapatisti non parlvano, io ho letto tutte le denunce). La questione è che alla luce dei fatti avvenuti, e che stanno avvenendo, naturalmente la conclusione è logica: siamo nel mezzo dell’iniziativa più audac, degli zapatisti, per lo meno dall’insurrezione. E questo riguarda tutto, non solo con la situazione nazionale, ma io credo anche internazionale.
Permettimi di raccontare quello che io ho capito di quello che, secondo me, è stato il fatto più significativo dell’azione del 21 [di dicembre 2012]. Ci sono naturalmente molte cose: l’organizzazione, lo sforzo militante, la dimostrazione di forza, la presenza dei giovani e delle donne, etc. Ma, quello che più mi ha impressionato è stato che avevano delle tavole di legno e una volta arrivati nelle piazze installavano dei palchi. Intanto si raccontava quello che succedeva, molti media privati, ed alcuni dei media liberi, speculavano sull’arrivo dei leader zapatisti. E non si rendevano conto che i leader zapatisti erano lì. Che erano le persone che salivano sul palco e dicevano, senza parlare, siamo qui, siamo questi, e questi saremo.
Il palco è toccato a chi doveva starci. Nessuno ha notato, credo, che è proprio lì, in questo fatto, in una noce, il significato profondo di un nuovo modo di fare politica. Che rompe con tutto il vecchio, l’unico modo veramente nuovo, l’unico che vale la pena di avere [illeggibile nell’originale] «secolo XXI».
L’anima plebea e libertaria di quello che nella storia sono stati momenti congiunturali, qui si è costruito senza grandi voli teorici. Piuttosto con una pratica sotterranea. Ha già troppi anni per essere considerata solo un evento. È ormai un processo storico sociale lungo e solido sul terreno dell’auto organizzazione.
Alla fine, hanno rimosso il loro palco, tornato ad essere tavole di legno, e tutti dovremmo provare un po’ di vergogna ed essere più modesti e semplici e riconoscere che qualcosa di inaspettato e nuovo sta di fronte ai nostri occhi e che dobbiamo guardare, tacere, ascoltare ed imparare.
Un abbraccio a tutt@. Spero che, per quanto possibile, stiate bene.
El Chueco.”
tre: “Istruzioni su cosa fare nel caso che … vi guardino”
Se qualcuno vi guarda, e vi accorgete che…
Non vi guarda come se foste trasparenti.
Non vuole convincervi per il sì o per il no.
Non vuole cooptarvi.
Non vuole reclutarvi.
Non vuole guidarvi.
Non vuole giudicarvi-condannarvi-assolvervi.
Non vuole usarvi.
Non vuole dirvi cosa potete o non potete fare.
Non vuole darvi consigli, raccomandazioni, ordini.
Non vuole rimproverarvi perché non sapete, neanche perché sapete.
Non vi disprezza.
Non vuole dirvi quello che dovete fare o non dovete fare.
Non vuole comprarvi la vostra faccia, il vostro corpo, il vostro futuro, la vostra dignità, la vostra volontà.
Non vuole vendervi qualcosa…
(un tempo condiviso, un televisore lcd in 4D, una macchina super-ultra-iper-moderna con pulsante di emergenza istantaneo (attenzione: non confondetevi col pulsante di espulsione, perché la garanzia non comprende amnesia per ridicoli mediatici), un partito politico che cambia ideologia ad ogni cambiar di vento, un’assicurazione sulla vita, un’enciclopedia, un ingresso vip allo spettacolo o rivoluzione o sfilata di moda, un mobile a piccole rate, un piano di telefonia mobile, un’iscrizione esclusiva, un futuro regalato dal leader generoso, un alibi per arrendersi, vendersi, tentennare, un nuovo paradigma ideologico, etc.).
Dunque…
Primo. – Escludete che si tratti di un depravato o depravata. Potete essere la/il più sporc@, brutt@, cattiv@ e volgare che ci sia, ma, ognuno possiede quel tocco sexy e provocante che può risvegliare le più basse passioni di chiunque. Mmh… bene, sì, una pettinata non sarebbe male. Se non si tratta di un(a), depravat@, non scoraggiatevi, il mondo è rotondo e gira, e andate sotto (in questa lista, si capisce).
Secondo. – Siete sicuri che guarda proprio voi? Non starà guardando il cartellone pubblicitario dei deodoranti alle vostre spalle? O, non sarà che sta pensando (chi vi guarda, si capisce): «E’ così che sono quando non mi pettino?». Se avete scartato anche questo, proseguite.
Terzo. – Ha la faccia da poliziotto che deve racimolare la mazzetta da portare al suo superiore? Se sì, correte, siete ancora in tempo a non farvi prendere. Se no, passate al punto successivo.
Quarto. – Restituitegli lo sguardo, con piglio severo. Uno sguardo misto a collera, mal di pancia, fastidio e look da assassin@ seriale può essere utile. No, così sembrate stitic@. Ritentate. Ok, passabile, ma continuate a fare esercizio. Ora, non fugge spaventat@?, non distoglie lo sguardo?, on vi si avvicina esclamando “ehi@! Non ti avevo riconosciuto! Ma con quella faccia…”? No? Ok, continuate.
Quinto. – Ripetete i passi primo, secondo, terzo e quarto. Possono esserci delle falle nel nostro sistema (è fatto in Cina). Se arrivate sempre a questo punto, passate al punto seguente:
Sesto. – Avete molte probabilità di esservi imbattuti in qualcuno della Sexta. Non sappiamo se congratularci o farvi le condoglianze. In ogni caso, è su vostra decisione e responsabilità quello che seguirà a questo sguardo.
quattro: Uno sguardo in una postazione zapatista.
(calendario e geografia imprecisati)
Il SupMarcos: Sbrigati perché il tempo sta finendo.
La insurgenta di sanità: Senti Sup, il tempo non finisce, finiscono le persone. Il tempo viene da molto lontano e segue la sua strada fino láaaaaa, dove non riusciamo a vederlo. E noi siamo come pezzetti di tempo, cioè, il tempo non può procedere senza di noi. Noi facciamo che il tempo proceda, e quando noi finiamo arrivo un altro che lo manda avanti, fino che si arriva dove si deve arrivare, ma non vediamo dove arriva ma altri lo vedranno se arriva con tutto a posto o se improvvisamente non ha avuto la forza di arrivare ed allora bisogna spingerlo un’altra volta, fino a che arrivi giusto.
(…)
La capitana di fanteria: Perché ci hai messo tanto?
La insurgenta di sanità: Stavo facendo lezione di politica al Sup, lo stavo aiutando a spiegare bene che bisogna guardare lontano, fino a dove non arriva né il tempo né lo sguardo.
La capitana di fanteria: Ah, e allora?
La insurgenta di sanità: Mi ha punito perché mi sono attardata coi lavori e mi ha mandato in posta.
(…)
cinque: Estratto da “Appunti per guardare l’Inverno”.
(…)
E sì, tutt@ sono saliti sul palco col pugno in alto. Ma non hanno guardato bene. Non hanno guardato lo sguardo di quegli uomini e donne. Non hanno visto che, quando erano lì sopra, volgevano lo sguardo in basso e guardavano le loro decine di migliaia di compagni. Cioè, si sono guardati. Là in alto non hanno visto che ci guardavamo. Là in alto non hanno capito, né capiranno niente.
(…)
sei: Inserite qui il vostro sguardo (o il vostro pensiero).
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(Continua…)
Da qualunque angolo di qualunque mondo.
SupMarcos
Pianeta Terra
Messico, Febbraio 2013
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Ascolta e guarda i video che accompagnano questo testo: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2013/02/08/ellos-y-nosotros-vi-las-miradas-parte-3-algunas-otras-miradas/
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Traduzione «Maribel» – Bergamo)
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