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Palabra del Ejército Zapatista de Liberación Nacional

Ago142005

2a. Reunión preparatoria / Palabra del EZLN (Traduzione italiano)

PAROLE FINALI – 14 AGOSTO 2005

Alcuni punti segnalati, alcune risposte…

Bene, buon giorno compagni, compagne. Alcune parole ed alcuni commenti su quello che stavate dicendo ieri ed alcune dichiarazioni. Dopo passiamo alle riunioni bilaterali e ringraziamo già tutti quelli della stampa che sono venuti, perché possono già ritirarsi. Chissà, se verranno sempre… alla fine sottoscriveranno anche loro la Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona.

Compagni e compagne delle Organizzazioni Indigene e dei Popoli Indios che avete potuto venire fino qui e quelli che non hanno potuto arrivare ma sono d’accordo con la Sesta Dichiarazione ed a partecipare all’altra campagna.

Vogliamo dirvi alcune parole su quello che abbiamo ascoltato in questa riunione e su altro.

– Offriamo rispetto a voi ed al vostro lavoro. Non siamo né saremo giudici delle vostre decisioni. Voi accettate quello che accettate, negoziate quello che negoziate, rifiutate quello che rifiutate, vi alleate con chi vi alleate, votate o non votate, per uno, per un altro o per nessuno. Vi chiediamo solo di parlarci chiaro e di non ingannarvi sulla nostra posizione.
Ricordate che stiamo proponendo di fare alleanze basate sul rispetto mutuo, ma senza accordi di cupola, cioè al di sopra, alle spalle delle vostre basi, cioè senza negoziare movimenti senza il consenso di coloro che li fanno. Appoggeremo tutte le decisioni che prendiate voi insieme ai vostri compagni. Alle organizzazioni ed ai popoli che hanno scelto un’altra strada ed un altro modo, e vivono, lavorano e lottano negli stessi territori delle comunità zapatiste, diciamo loro che parlino con le JBG: lì troveranno rispetto e vedranno che anche loro cercano l’accordo, senza chiedere di cambiare di organizzazione o di scegliere un altro percorso. Ricordate che l’EZLN rispetta le comunità che lo formano e non comanda, ma è comandato. Se sappiamo di un’ingiustizia o di un percorso sbagliato, parliamo coi nostri compagni basi d’appoggio e li convinciamo a cambiare solo con la pressione della comunità. Vi diciamo che siamo d’accordo con voi che non vogliamo competere: la concorrenza viene da un’altra parola, dalla parola che ci divide. Non si tratta di chi è più grande o di chi ha più forza o più successo, ma si tenta di riconoscerci come parole della stessa grandezza che sono differenti, ma che camminano in basso per la stessa cosa, che è la nostra dignità indigena.

– Vediamo anche, per tutto quanto è stato detto qui, che è necessario avanzare come Popoli Indios, dentro all’altra campagna. Quindi sarà necessario che facciamo un sforzo extra, perché bisogna farne un altro, oltre a farci noi stessi, come quelli che siamo. Voi sapete che il modo indigeno tende al collettivo, non all’individuale. Lo sforzo dei Popoli Indios e delle loro organizzazioni sarà, crediamo, quello di dar vita ad un collettivo di collettivi.

– Vogliamo ringraziare la sincerità dei compagni che ci hanno criticato come quelli del CIPO Flores Magón e speriamo che questa sia sempre la norma nelle vostre relazioni con noi. Da voi e da tutti quelli che aderiscono alla Sesta ed all’altra campagna, ci aspettiamo questa sincerità. Accettiamo la critica, che segnala che è stata data più attenzione alle personalità ed alla problematica internazionale, trascurando i piccoli. Faremo uno sforzo perché questo non torni a capitare. Ma vi diciamo che non trascureremo ora agli altri. Invece moltiplicheremo il nostro ascolto e le nostre parole, per questo usciamo da qui, e tutti troveranno in noi un ascolto attento ed una parola sorella, sia le organizzazioni e le persone del nostro paese che non sono molto note e non hanno fama che quelle di altri paesi che stanno nella stessa lotta antineoliberista, perché vedremo il loro cuore, non l’importanza del loro nome nei media; parleremo ed ascolteremo sia la gente semplice ed umile che le personalità che portano una luce che nessuno ha regalato loro ma che si sono conquistati col loro sforzo, al servizio dei disperati di tutto il mondo. Non convertiremo lo zapatismo, né l’altra campagna, in un movimento anti-intellettuale né sciovinista, ci sforzeremo di dare il giusto valore alla riflessione e alla teoria, così come alle lotte che hanno molti colori, molti modi e lingue ed un solo pensiero in America Latina e nel mondo: per l’umanità e contro il neoliberalismo.
D’altra parte, l’EZLN non ha detto mai che la lotta indigena o l’autonomia sono sorte con lui, questo progetto corrisponde di più ad altre organizzazioni indigene che sono state gelose in modo ridicolo di questo aspetto e che, come hanno dimostrato, spariscono quando vedono che non concorriamo con loro per dei posti governativi o dei viaggi all’estero.

Vi diciamo anche chiaramente, con la stessa sincerità con cui ci avete parlato, che non condividiamo la critica alle persone ed alle organizzazioni che accompagnano ed appoggiano la lotta dei popoli indios.
Queste persone ed organizzazioni, alcune vincolate al settore progressista della Chiesa cattolica, hanno fatto una scelta: potevano optare per i ricchi e per i loro campi da golf, per i loro ristoranti di lusso, per i loro vini raffinati, per i loro bei vestiti, ma invece hanno optato per i poveri. E non rinunciano solo alle comodità che potrebbero avere, a volte rinunciano anche alla tranquillità e perfino alla vita. E qui ricordiamo Digna Ochoa y Plácido che è stata assassinata per avere optato per gente come noi.
Gente con la stessa decisione e lo stesso impegno di Digna ci sono da molte parti, nelle ong ecc. Noi pensiamo che la libertà che aneliamo nascerà anche dal loro sforzo e pretendiamo che nel «noi» che vogliamo costruire ora con la Sesta, loro trovino un posto degno, nel quale ricevano rispetto ed attenzione come qualunque altro, non di più ma neanche di meno.

Abbiamo ascoltato altre cose. Ma non tutte. I compagni e le compagne della rivista Rebeldia ci manderanno le relazioni e le sintesi.
– Ci sono state due parole che ci servono per definire quello che vogliamo come EZLN nella Sesta e nell’altra campagna. Sono i nomi di due organizzazioni: l’OIDHO sono fratelli di Oaxaca ed il Fray Lorenzo de La Nada che sono compagni qui del Chiapas. Questo è quello che vogliamo essere noi: l’ascolto, noi che siamo nessuno e che siamo considerati niente.
– Abbiamo visto anche come le donne hanno presentato la loro lotta e il posto che devono conquistare tra di noi, per difendere le conquiste raggiunte e non accontentarsi. Hanno sottolineato anche il ruolo positivo della donna nella comunità indigena.
Una compagna insurgente, Toñita, che sta qui, mi ha datto che, adesso sì, parla la voce di Toñita attraverso la mia voce perché si vergogna a parlare con voi e che era molto d’accordo con le compagne che hanno parlato di questo che lei dice che si devono unire tutte le donne per cambiare il modo di fare di quegli stronzi di uomini, testuale. Non parlava di me.
– I fratelli e le sorelle della Nazione P’urhépecha ci hanno segnalato un compito che ci spetta. Bisogna gemellare in questo movimento a quelli che non ci sono, perché molti non hanno potuto venire, o ancora stanno pensando, o non sanno quello che stiamo proponendo. Bisogna avanzare nell’unità del movimento indigeno.
– Sui tempi elettorali, pensiamo che l’appuntamento di RFM che ci hanno regalato i compagni di OIDHO, arriva proprio giusto e sintetizza l’opinione di molti di noi. Noi coincidiamo che la soluzione non sta in un uomo, ma neanche in un’organizzazione né in una sola strada. Ma invece in molte organizzazioni e molte strade, con un destino. Ci sono critiche al Congresso Nazionale Indigeno che abbiamo già ascoltato e di certo alcuni ne hanno usato il nome per camminare da un lato all’altro, senza rappresentare nessuno, e molte decisioni si centralizzarono. L’anelito di una parola rappresentativa è legittimo e l’appoggiamo.
– Salutiamo il decimo anniversario della Polizia Comunitaria ed aspettiamo il suo invito.
– Ai fratelli ñahñhú. La spiegazione che ci hanno dato riflette il dolore che ci causano quelli che stanno in alto, ma anche l’indignazione e la ribellione che ci affratella. Sono stati molto chiari nel segnalare che il cammino dell’autonomia è quello della liberazione per i popoli indios.
– I compagni del Foro Maya Peninsulare, insistendo sul fatto che ognuno ha i suoi tempi ed i suoi modi, che dobbiamo difendere l’identità indigena, ci chiamano a riscattare la storia, la storia dei popoli indios con forum, incontri, seminari ed a sostenere la bandiera della difesa dell’autonomia.
– I compagni e le compagne della Regione Centro Pacifico del Congresso Nazionale Indigeno hanno denunciato con molta chiarezza l’unanimità dei partiti politici, cioè che tutti si sono messi d’accordo, tutti i partiti politici, ad approvare le leggi, come quella dell’acqua, del settore minerario, della biodiversità, delle risorse genetiche. Ma ciò che stanno facendo quelle leggi è distruggere, non solo il patrimonio dei popoli indios, ma tutto il patrimonio della nazione. Riceviamo l’offerta che i compagni huicholes fanno a noi tutti della loro casa: ci stanno invitando ad una riunione del Congresso Nazionale Indigeno e hanno detto che ci manderanno la convocazione.
– I fratelli del caracol di Zirahuén che ci hanno trasmesso il dolore per la morte di Efrén Capíz, come i compagni dell’UCEZ. Ci stanno raccontando una storia che si ripete in tutte le organizzazioni ed i popoli indios, compagni che si stanno affrontando contro caciques, per difendere la natura, contro progetti turistici che non danno niente ai villaggi e l’esempio di Pátzcuaro dimostra che ciò che il neoliberalismo propone come futuro ai popoli indios e per l’ambiente:
una latrina. Una fossa settica hanno detto loro, ma per noi è una latrina.
– I fratelli di Nurío ci hanno detto che aderiscono e c’invitano anche ad andare a trovarli.
– Nel caso delle compagne di Huayacocotla in Veracruz.
Se pronuncio male i nomi scusatemi, ma sto imparando.
Zenzonapa, Atempa ed Ilamatlán. È indignante, dicono chiaro, che nessuno faccia caso a loro. Immaginatevi l’indignazione di quelle genti quando vedono gli annunci, le pubblicità di Fox, di Xóchitl Gálvez, del governo del cambio, tutte le menzogne che dicono… e quando vedono che lì annunciano che sono stati inviati aiuti per il loro popolo e non hanno invece ricevuto niente. C’è una televisione privata che fa vedere una
pubblicità: dice che porta il suo microfono dappertutto e che si offre di dare voce a tutti.
Sarebbe bello che, visto che stanno qui e che anche queste compagne stanno qui, dessero voce a queste donne. E che le mettessero nella stessa… come si dice? ora di punta in cui possono parlare Fox e Xóchitl Gálvez e quelli del governo del cambio. Queste donne dicono chiaramente una cosa: i politici guadagnano denaro per non far niente.

– Il Consiglio Culturale Mankense dei fratelli di Chiapa de Corzo sta chiedendoci di ribadire l’importanza del recupero della storia anche per tutte le organizzazioni e per i popoli indios. Riceviamo il loro invito ad andare da loro e lo faremo.

– I compagni del CNPI, Consiglio Nazionale dei Popoli Indios – è così? pardon? sì? – Coordinamento, pardon, Nazionale dei Popoli Indios che sono venuti da San Felipe Ecatepec. Li abbiamo conosciuti il primo gennaio perché siamo passati da lì, vicino alla loro comunità ed allo stato di Veracruz. Ci stanno anche loro chiamando a qualcosa che capiamo bene come popoli indios che è il rispetto della terra e danno un nome e poi un altro nome a quella terra che poi ci dicono che è la madre.
– I fratelli di Xochimilco zapatista ci mostrano la doppia lotta che significa per i popoli indios: la difesa della natura e la difesa dell’identità indigena e ci danno più di un esempio, molto zapatista di sicuro, della grandezza del piccolo. Hanno fatto un caracol in un campicello.
– I fratelli che sono incarcerati a Santa María Ixcotel. È un’altra volta la dimostrazione di ciò che succede con i popoli indios, nonostante tante promesse e tante riforme costituzionali. Sono nella prigione, repressi perché si organizzano per difendere i loro diritti e la natura. Non per aver rubato denaro, non per aver comprato azioni in un’impresa, non perché siano deputati o senatori o governatori. Sono lì per aver difeso i loro diritti, per aver difeso gli alberi, l’acqua, la terra.
– Ci sono anche i fratelli otomíes, mazahuas, triques, nahuas, che ci raccontano la loro storia e la loro lotta in Città del Messico e ci dicono una cosa: ciò che è in realtà il progetto del Centro Storico. Questo è importante perché López Obrador, nelle sue interviste ai giornali nordamericani offre, come progetto di governo, la stessa cosa che ha fatto col Centro Storico… garantisce di farlo in tutto il paese. Quello che dicono i fratelli otomíes, mazahuas, triques, nahuas che ci hanno parlato è il racconto di chi viene buttato fuori e di chi entra nel Centro Storico. Escono quelli che stanno lavorando, quelli che stanno per la strada, gli indigeni e invece stanno entrando gli Slim e tutti gli impresari che hanno investito in quella ristrutturazione. Ci dicono anche che i bandi di governo del Distretto Federale in realtà sono solo trappole per spogliar loro della casa. Tutto questo – visto che dicono che io sono pazzo e che dovrei sdraiarmi sul divano di uno psicanalista – dovrebbero prenderlo in considerazione quelli che avallano incondizionatamente López Obrador come opzione di governo.
– I fratelli della Nazione P’urhépecha ci parlano un’altra volta dell’abilità degli enti parastatali come la PEMEX e la Commissione Federale di Elettricità che spogliano i popoli indios delle loro terre, non li indennizzano e distruggono tutto ciò che toccano. Ci segnalano la necessità di coordinamenti ed unioni, che definiamo come popoli indios dei punti per poterci confrontare con le altre organizzazioni come indigeni, e segnalano anche la necessità di un piano minimo di azione per unire i nostri sforzi.
– I fratelli de Las Abejas, che ne sanno molto, ci dicono che il governo non adempie e che per questo motivo si sono dovuti organizzare. E ci presentano un esempio molto chiaro: ‘Mentre il popolo dà i servitori, il governo prepara caporali, che non lavorano e vivono del lavoro degli altri’. E mettono in discussione con forza la differenza tra i governi dell’autonomia, cioè quelli formati dal popolo e quelli del governo che sono istituzionali. Su come non adempiono i governi e, loro più di tutti, possono dirci che sono già passati otto anni dal massacro di Acteal e che quelli che lo hanno fatto, quelli che l’hanno patrocinato, sono liberi.
– I fratelli di Yomlej hanno ribadito che bisogna prendere in considerazione i modi di fare di ogni organizzazione e non bisogna tentare di far tutti le cose in un solo modo.
– I compagni dell’UCEZ del defunto Efrén Capiz chiedono a noi tutti di partire dalle sofferenze comuni per innalzare una grande ribellione. Ora ci siamo resi conto che questi fratelli hanno scritto la Sesta come noi, ma noi abbiamo tardato di più a presentarla. Perché loro la proponevano già, nell’ottobre del 2001.
– I compagni di Unión Hidalgo ripetono un’altra volta la storia della repressione per difendere i loro diritti. Ci dicono chiaramente, senza nascondersi, che hanno gente nel PRD ed in altri partiti politici, cosa che rispettiamo. E ci fanno la storia dei problemi che devono affrontare come autorità.
– I fratelli tenek, pame e náhuas della Huasteca Potosina si manifestano chiaramente contro i politici che usano solo gli indigeni per i loro interessi.
– Le compagne della Misión de Bachajón insistono su di un problema che ci stiamo trascinando dietro, noi tutte organizzazioni e come popoli indios, che c’è divisione tra le organizzazioni e segnalano che oltre alla lotta come indigeni c’è pure la lotta come donne.
– I fratelli del Fray Pedro Lorenzo de La Nada cercano il riconoscimento del lavoro che fanno come promotori e per gli altri progetti. Propongono qualcosa che noi consideriamo molto nostro, e che a volte
dimentichiamo: ci dicono che al momento di definire come faremo, ci sia un posto per tutti.
– Ci sono i fratelli e le sorelle di San Pablo Oztotepec che fanno uno studio molto completo della lotta storica come indigeni per un loro posto e sull’attualità degli Accordi di San Andrés nelle sue rivendicazioni. Segnalano qualcosa che si dimentica che è l’importanza dei popoli indios nella Città del Messico, sotto tutti i punti di vista, e segnalano qualcosa che non bisogna dimenticare: la poca respirazione che c’è ancora in città del Messico, è grazie all’attenzione degli indigeni per le loro terre. Spogliarli di queste loro poche terre, come stanno facendo con gli insediamenti urbani, immobiliari e tutto quanto è, per Città del Messico, un suicidio.
– I compagni della Sierra Juárez di Oaxaca. Il compagno Aldo ha presentato un’esposizione molto completa sulle nuove minacce che devono affrontare i popoli indios. Ci dice: la privatizzazione della vita va avanti e ci sono leggi che promuovono quella privatizzazione. Parla dei legislatori, anche se non nomina i partiti politici. Dice che l’argomento usato per respingere gli Accordi di San Andrés è stato che avrebbero frazionato il territorio nazionale ed è invece con le leggi che loro stanno facendo, che si sta frantumando il nostro paese. Perché loro proteggono le transnazionali. Propone che si vada avanti nella discussione e nella definizione del concetto di Nazione e di Sovranità Nazionale. E segnala qualcosa di importante, la nazione e la sovranità nazionale non sono la stessa cosa… è diverso come la concepiamo noi popoli indios e come la concepiscono altri. Ci richiama anche a proseguire con lo scambio di esperienze in tutto il paese, nei popoli indios con Autonomia. La compagna che ha parlato suscitando applausi silenziosi da parte delle compagne insurgenti che sono sedute qui vicino a me, ha segnalato le nuove minacce contro la donna: da quelle più vecchie come i trucchi per denigrare la donna, la violenza degli uomini, dei loro stessi compagni agli altri trucchi che usano i governi per sterilizzarle.
– I compagni che coltivano il caffè in Oaxaca ci raccontano di come i governi negoziano le rivendicazioni dei compagni, in questo caso una strada in cambio del legname e di come loro si oppongono e resistono a modo loro. Riceviamo il loro invito ad andare là e lo faremo.
– Gli Emigranti Indigeni della Città del Messico ci portano un problema nuovo. Io dico che non è nuovo ma è nuova la sua proposta, è nuova questa riflessione sull’indigeno urbano. Sempre i popoli indios e gli indigeni si riferiscono alla terra come hanno spiegato molti, ma in questo caso non c’è più un ambiente naturale. Tuttavia, loro stanno continuando a cercare di costituirsi come popoli indios e di difendere quella identità. Propongono dunque, un lavoro informativo e lanciano un appello a fare un Coordinamento indigeno nazionale di tutti i popoli indios in modo da incominciare a discutere sulla questione costituzionale.
– I compagni ñahñhús della Valle di Mezquital ci fanno un esempio di successo: le cooperative negli stabilimenti balneari e di come la generazione della ricchezza sia collettiva e collettivo il suo godimento. Ci danno un esempio di come lavorano i parlamentari che si mettono a fare leggi e neanche sanno quello che approvano o respingono. Hanno dichiarato che, tra i loro compagni, c’è molto dissenso con le critiche dell’EZLN a López Obrador ed al PRD e chiedono che si critichi anche il PAN ed il PRI.
– Per finire i compagni di Huicholes e Plaguicidas ci hanno parlato a lungo sul fatto che dobbiamo continuare a studiare, su come si sta minacciando la vita, sulla tecnologia orientata solo per il guadagno e ci dicono che non siamo informati abbastanza, perché non sappiamo ciò che sta succedendo, cioè che i popoli stanno diventando i promotori incoscienti di questa distruzione della natura.
Questi sono più o meno a grandi tratti i problemi che sono stati posti in questa riunione. A parte parleremo con ognuna di queste organizzazioni. Come ho segnalato qui, almeno due organizzazioni hanno detto chiaramente che sono compagni che stanno facendo accordi: come i fratelli che hanno ottenuto progetti di abitazioni dal governo del Distretto Federale, come altri che stanno di fatto lavorando col PRD ed altri ancora che hanno simpatie per lui. Non si è maltrattato nessuno, sono stati ascoltati con rispetto, hanno mangiato le stesse cose che abbiamo mangiato tutti noi ed hanno dormito come noi. Noi stiamo adempiendo la nostra parola. Ma abbiamo anche detto loro di non pensare che noi cambiano idea o che li inganniamo… ogni volta che si potrà, parleremo di questo tema.

Sulla polemica col Partito della Rivoluzione Democratica (PRD)

In questi giorni, il 10 agosto, sul quotidiano messicano La Jornada, è uscito il seguente articolo:

Il Partito della Rivoluzione Democratica, PRD, ha deciso di dare per concluso il dibattito nato dagli apprezzamenti del subcomandante Marcos sul partito.
«Auguriamo buona fortuna allo zapatismo nel suo percorso per il paese», ha segnalato il Comitato Esecutivo Nazionale perredista. In un comunicato, segnala che è giusto il reclamo per l’approvazione della legge indigena al Senato all’inizio di questo governo. Ammette che si è commesso un errore, che – afferma – è stato corretto alla Camera di Deputati. Si accetta pure che in Zinacantán si sia agito contro comunità zapatiste e si riconosce che ci siano state aggressioni, ma si chiarisce che non si sequestrò né si torturò nessuno. Inoltre, precisa che la relazione del PRD con le comunità è stata difficile in Altamirano, Las Margaritas ed Ocosingo. «In tutti i casi, gli sforzi per conciliare non sono stati soddisfacenti né abbiamo cercato di prendere le distanze dallo zapatismo, ma non siamo né svergognati né bricconi né continueremo nella dinamica di dimmi e io ti dico, ecc.». Questo il 10 agosto 2005.

Al contrario, l’EZLN dichiara che non dà nulla per concluso. Alla direzione perredista diciamo: col vostro permesso, noi stiamo appena incominciando.
Inoltre, sono già varie le volte che hanno detto che non rispondono e intanto rispondono… e, come questa volta, rispondono con menzogne. Lasciando da parte il fatto che ci augurano buona fortuna per il percorso per il paese (è vero che stavamo aspettando solo questo, per sentirci tranquilli… era il loro consenso che ci mancava!), la direzione perredista dice che ha corretto alla camera dei deputati l’errore commesso al Senato. Come hanno spiegato qui ampiamente i compagni e le compagne della Regione Centro-Pacifico del Congresso Nazionale Indigeno, e dell’UNOSJO del Sierra di Juárez, ad Oaxaca, i deputati del PRD, alleati con quelli del PAN, del PRI, del PT, del Verde Ecologista e di Convergenza Democratica (se me manca uno, ragazzi, ricordatemelo!), cioè tutti hanno completato quello che era rimasto pendente dalla controriforma indigena promossa in senato. I deputati hanno approvato ALL’UNANIMITÀ le leggi che privatizzano le risorse naturali (come riguardo all’acqua, al sottosuolo, alla biosicurezza ed agli organismi genetici) ed hanno inoltre frazionato la Nazione messicana, con leggi che sono state elaborate non nella giunta dei legislatori, ma nelle giunte degli azionisti di imprese come la Monsanto.
L’adempimento degli Accordi di San Andrés avrebbe impedito questi crimini legislativi.

Il voto perredista al Senato non è stato un errore, è stato e fa parte di una politica di quel partito, la stessa che i suoi deputati hanno portato avanti e portano avanti con le leggi che approvano. E così continueranno a fare, se si misura la critica e non si leva la voce, nascondendoci dietro il misero argomento che non bisogna fare il gioco della destra e del PRI.
Allora diciamo loro con chiarezza che, anche se sono riusciti a far tacere molte voci che criticavano la loro sfacciataggine, spaventandole col ritorno del PRI o il risorgere della destra, noi non rimarremo silenziosi.

E non solo perché il ritorno del PRI si può apprezzare già nella direzione del PRD ed intorno a López Obrador, o perché la destra ora si veste di nero e giallo (in fin dei conti, il PRD decide chi ammettere nelle sue file), ma perchè ciò che è in gioco non è una lista di posti e di incarichi, di nomine e di presupposti che si mettono in vendita alle prossime elezioni, ma è l’esistenza stessa di una Nazione, della sua sovranità e dei suoi abitanti.

Il CEN del PRD dice che ammette che in Zinacantán gli zapatisti siano stati attaccati, ma non dice che gli attaccanti continuano ad esserne soddisfatti come perredisti e che sono quelli che appoggiano López Obrador nella sua campagna presidenziale. Il CEN del PRD dice che non ha sequestrato e torturato in Zinacantán. È vero, lì ci ha solo sparato. Dove ha sequestrato e torturato è stato in Las Margaritas e gli autori sono ora dirigenti del PRD statale e promotori della candidatura di López Obrador alla presidenza.

Due giorni dopo, il coordinatore dei deputati federali del PRD e precandidato al Governo del Distretto Federale, il signor Pablo Gómez, proseguendo in linea dei suoi complici ha inviato una lettera a La Jornada, pubblicata il 12 agosto, che dice a grandi tratti (qui ho la lettera integrale se qualcuno vuole vederla):
– Sì, è certo che sono stato con Marcos e con altri dirigenti zapatisti in Guadalupe Tepeyac, ma non c’è stato nessun accordo né scritto né a voce… Dice
testualmente: «In altre conversazioni che sostenni con leader zapatisti e con Marcos non ci fu nessun «patto»
scritto o verbale ma solo dei punti politici generali di coincidenza».

Pablito confonde i termini, dove dice «impegno» egli scrive «Patto». Probabilmente abituato al suo modo di trattare con i panisti e priísti, pensa di star parlando con loro. Non ricorda quello che ha detto nel meeting in Guadalupe Tepeyac, di fronte a centinaia di combattenti. Peccato che non avevamo un video per filmarlo.
Si riferisce a ciò che diciamo nella lettera che abbiamo inviato ad un militante perredista, Don Fermín, e nella quale diciamo che lui aveva fatto un patto. Noi non parliamo di un patto sull’autonomia, parliamo di un impegno – e non di un «patto» – per la soluzione giusta e pacifica delle nostre rivendicazioni e con la lotta per i diritti e la cultura indigena. Non abbiamo mai parlato dell’autonomia né degli Accordi di San Andrés.
Anche lui dice che non è vero che i legislatori del PRD abbiano votato a favore della riforma costituzionale sul tema, visto tutti i deputati federale perredisti hanno votato contro, come i deputati locali.

Come ho già spiegato, Pablito è un briccone e mente: i deputati hanno continuato a legiferare contro la Cocopa ed a favore della controriforma indigena. Forse non se n’è reso conto perché era molto occupato nella sua pre-campagna elettorale, ma se rivede quello che hanno fatto i deputati, che dice di coordinare, vedrà che è vero quello che diciamo e che ora, in questa riunione, è stato esposto dettagliatamente negli interventi di varie organizzazioni indigene.

Dice anche – e ci avverte Pablito – che molte organizzazioni che vengono qui, sono legate al PRD.
Attenzione, ci dice. Noi abbiamo detto: ogni persona ha parlato chiaro e non è stata condizionata. L’unica cosa che abbiamo chiesto è che non si cerchi di trasformare l’altra campagna in un appoggio a López Obrador, al PRD o in convenevoli pieni di amnesia alla Pablo Gómez.

Pablo Gómez dice: Per quanto riguarda la grave aggressione armata di Zinacantán, credo che il PRD deve tornare a prenderne le distanze ed agire di conseguenza.

Oltre a briccone Pablito è uno svergognato: Ci dice che «crede» che il PRD deve tornare a prendere le distanze ed agire di conseguenza. Dimentica di dirci che lui è il coordinatore della frazione parlamentare del PRD alla camera di deputati e che già lo era quando siamo stati attaccati e che è rimasto in silenzio in quei giorni per semplice calcolo politico:
il PRD era preso fino al collo per lo scandalo dei video. E lui decise di tacere su Zinacantán, perché un video vale più di un indigeno, soprattutto se l’indigeno non è perredista.

Allora vogliamo dire qui ai dirigenti del PRD ed ai suoi funzionari che non continuino con le loro menzogne ma cerchino degli argomenti migliori per dibattere perché se no, oltre a pensare che sono bricconi e svergognati, concluderemo che sono anche…
tonti.

Per finire (per questa volta, perché continueremo…), l’unico argomento che, fino ad ora, hanno brandito è che stiamo facendo il gioco della destra e che, criticando il PRD e López Obrador, provochiamo il ritorno del PRI.

Dicono che col nostro atteggiamento stiamo prendendo posizione contro una sinistra che consideriamo incoerente per favorire una destra coerente. Lo stiamo pensando, compagni, stavamo proprio cercando la differenza tra sinistra incoerente ed una destra coerente… Lasciando da parte che il PRD si è alleato a quella destra coerente nelle elezioni di vari stati, tra cui il Chiapas, quale è la differenza? il colore?
la bandiera: una nera gialla e l’altra azzurra o l’altra ancora tricolore? le sigle? lo stemma o il logotipo? il nome del candidato?

No, se c’è una differenza tra una sinistra incoerente ed una destra coerente, la differenza sta nel fatto che entrambe fanno la stessa cosa, ma una dice che non lo fa.

Più che una revisione profonda delle loro proposte, delle loro linee di azione politica, delle loro alleanze, del loro progetto di paese, il PRD e López Obrador, stanno brandendo la minaccia del ritorno di Salinas via PRI o via PAN (dimenticando accuratamente che è già ritornato via PRD e via equipe di López
Obrador) e chiedono a noi tutti che concediamo loro l’impunità e che, per usare termini neoliberali che piacciono tanto a loro adesso, firmiamo loro, noi tutti, – non un assegno in bianco – ma uno con la chiara indicazione che possono distruggere la nostra Patria, distruzione che hanno iniziato i governi priísti, proseguito con quella specie di commedia che è stato il governo del PAN, e pretende di perpetuarsi, ora col PRD.

Lo ripeto: tutta la classe politica, PRI, PAN, PRD ed i partiti piccoli, sarà oggetto della nostra critica.
Per noi e, per quello che abbiamo visto negli ultimi giorni nelle adesioni alla Sesta, per molta gente oltre a noi, sono tutti la stessa cosa con colori differenti. E non perché ci siamo trasformati nel nuovo tribunale che concede diplomi, ma perché questa è stata ed è la pratica di quelle organizzazioni politiche.

Sul dibattito di idee, proposte, storie, non diciamo altro loro che ci perdonino se ora stiamo tardando giorni per rispondere. Ma è perché stiamo ancora qua e tardano ad arrivare ed a partire le parole. Visto che non tarderemo più molto ad uscire, vi risponderemo nello stesso giorno e, se vi va, una o varie volte al giorno potremo affrontare dei dibatti anche in
simultanea: minimo 7 di voi ed uno di noi, voi senza limiti di tempo e di numero di interventi e noi con un solo intervento ed a tempo limitato. Forse così imparerete a discutere idee, argomenti e proposte, invece di come fate quando discutete tra di voi… con strizzate d’occhio e lusinghe.

Nel frattempo, proseguite con le vostre interviste, dichiarazioni, colonne, articoli, dicerie, conciliaboli, vignette umoristiche e caricature; noi continueremo a parlare e, soprattutto, ad ascoltare altri come noi, altri che, pure come noi, voi della classe politica, avete disprezzato, umiliato e represso.

Se siamo tanto pochi e tanto marginali, come dite che siamo, e voi siete tanto buoni come dite d’essere in periodo elettorale, non avete nulla da temere…
L’altra campagna sarà allora un aneddoto in più nella lunga lista di spropositi della sinistra marginale e dei molti che non sanno spiegare per nulla che cosa sono, ma che sì, sanno chiaramente, quello che non sono.

Se, al contrario, l’altra campagna cresce, si trasforma in un movimento nazionale, ampio, con legittimità ed appoggi, beh allora voi, quelli che stanno in alto, nei periodi elettorali o già al governo, dovrete incominciare a guardare verso il basso ed a dare risposte e soluzioni soddisfacenti, se no – che vi possiamo dire? – dovrete fare trasloco senza aspettare che finiscano i tre anni indicati da López Obrador come termine per la revoca del suo mandato.

Grazie compagni.

(traduzione del Comitato Chiapas di Torino)

 

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